Perdere così è diventata la normalità. Basta alibi

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«Il progetto culturale presenta elementi di attrattività e qualità di livello eccellente». Con questa motivazione, Procida ha strappato ad Ancona il...

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«Il progetto culturale presenta elementi di attrattività e qualità di livello eccellente». Con questa motivazione, Procida ha strappato ad Ancona il titolo di Capitale della cultura 2022. Da qui si può partire per capire che cosa non abbia funzionato e trovare nella cultura della sconfitta il filo per andare avanti dopo questa ennesima debacle di Ancona e delle Marche. Dire bravi ai vincitori, faremo i nostri progetti, serve a nascondere la polvere sotto al tappeto. Volendo si può aggiungere, alla catena degli alibi, che anche Urbino e Recanati hanno fallito pochi anni fa, e che Procida ha avuto come testimonial Toni Servillo, Luisa Ranieri e Gigi D’Alessio. Suggeriamo invece tre strade per provare a spiegare. Peso politico irrilevante: una città presa a modello dal Pd poteva pretendere di più da un ministro Pd, anche se sarebbe stato un doping inelegante. Secondo step: capacità progettuale scarsa. Sebbene un riconoscimento sia venuto dalla stessa commissione, il pool di intelligenze progettuali e testimoniali di Ancona non è bastato. È una carenza che accomuna Ancona a tutta la regione, se solo si pensa che nel recovery fund ci sono progetti del secolo scorso. La mancata capacità di innovazione è stato un vulnus. Lo dimostra il fatto che nel nostro progetto vi fosse il tradizionale sguardo retrovisore sulle cose fatte (tante e belle), però scorrendo il piano di Agostino Riitano, rispetto a Procida sono mancati il futuro e soprattutto la sostenibilità. Ma più di ogni cosa - e siamo al terzo step - Ancona non è risultata attrattiva, tanto per cambiare. Su questa strada, il sindaco Mancinelli deve imprimere velocemente un cambio di rotta al suo secondo mandato. Pena l’irrilevanza. Vogliamo ancora credere che ne sia capace.


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Corriere Adriatico