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ANCONA Locale e autonoma. Il binomio di Ferdinando Cavallini equivale a una candidatura per riempire il vuoto lasciato dall’implosione di Fontedamo: «Banca Macerata, che ho l’onore di presiedere, dovrebbe essere potenziata, non dileggiata; aiutata nel percorso di crescita, non contrastata; positivamente pubblicizzata, non ignorata».
Il presidente, dal nuovo centro direzionale, di acciaio, vetro e cemento armato, che interrompe la flemma d’un parco agricolo in contrada Acquevive, a Macerata, fa passare un principio, il suo: «Sarebbe un vantaggio per l’intera comunità».
L’assist
Per farlo, coglie lo spunto dall’impeto del governatore Francesco Acquaroli nell’affermare: «Siamo orfani di Banca Marche». Sfronda i cespugli cresciuti su quelle rovine, per salvare l’essenza: «La mancanza di un istituto forte del territorio, dopo la caduta, ha inciso sulla possibilità delle imprese di minori dimensioni di accedere al credito». Non spezza il ritmo della discesa, ardita: «Quel tracollo ha generato un clima di sfiducia nei confronti delle realtà regionali, che non sono state più giudicate per quel che rappresentavano».
Sì, la risalita. Cavallini l’inversione di rotta la incide nei suoi numeri, positivi: «Il nostro Cet1, ovvero il requisito patrimoniale, è superiore al 16%; le partite deteriorate sono il 3,17% sul totale degli impieghi».
Le prospettive
Un’intenzione, la sua e del suo vice, l’imprenditore e past president di Confindustria Nando Ottavi, amplificata dalla volontà di tagliare il nastro di un’altra agenzia, entro il 2025. Ad Ancona, nel capoluogo di regione. Cavallini non imposta, tuttavia, il navigatore in modalità “traversata nel nulla”. «Il salto di qualità - è il suo ammonimento - dovrebbe essere sostenuto dalle istituzioni e dalle associazioni di categoria». Mette in fila, come fosse un appello, i tre elementi necessari per farcela: depositi, capitalizzazione, lavoro.
Il passo
Sì, costruire sulle antiche macerie. Converte, il presidente, in una tesi a favore anche il cambio di passo sui criteri di valutazione del credito. In prima battuta, lo ammette: «Le normative oggi sono più stringenti, richiedono un flusso informativo più strutturato dal cliente alla banca. La maggiore rigidità del procedimento penalizza le imprese più piccole e meno organizzate, la spina dorsale delle nostre Marche». Correggere la traiettoria si può, lo dimostra: «La profonda conoscenza dell’ambiente dove si opera, dei settori economici e delle singole imprese, che solo una governance local può possedere, riduce il peso della parte quantitativa dell’istruttoria, per dare maggiore valore a quella qualitativa». L'onta, no, proprio non l’accetta: «Affermare che non si concedono prestiti alle micro-aziende perché non sono nella cerchia degli amici è del tutto fuorviante. Non si possono generalizzare comportamenti che, se ci sono stati, sono da stigmatizzare». Ribalta il preconcetto: «È vero il contrario: chi ha cuore e testa, qui, può meglio interpretare i dati e svolgere quella consulenza necessaria nei momenti di grandi cambiamenti, tecnologici e normativi». Plana sull’oggi e sistema l’ultima tessera del mosaico: «Per non parlare del contrasto alla desertificazione bancaria, che solo le realtà locali stanno cercando di contenere». Si candida, Cavallini.
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Corriere Adriatico