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USSITA - «L’Ufficio sisma non può istruire il progetto di ricostruzione in una zona a rischio idrogeologico, ma in quella stessa zona le case che non sono state danneggiate dal terremoto continuano a essere agibili».
È uno dei paradossi della ricostruzione e della burocrazia. E Romina Cecola, dipendente del Comune di Ussita, con la sua storia lo rappresenta a pieno. È proprietaria di una abitazione inagibile che insiste sull’area con vincolo R4 (a grave rischio idrogeologico). Il progetto di ricostruzione di quella che per lei è la sua prima casa non può essere accolto proprio a causa del rischio che da vent’anni non è mai stato mitigato.
Ma lei, come altre decine di cittadini, vive in affitto a pochi metri dalla sua abitazione inagibile. «Io e tanti altri - dice - almeno un centinaio di proprietari di immobili, per non parlare di strutture comunali come la piscina e il palazzetto del ghiaccio, non riusciamo a presentare il progetto di ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma perché il Consorzio di bonifica non chiude lo studio di fattibilità della mitigazione del rischio idrogeologico.
E se la situazione si fosse presentata solo nel 2021 forse ci sarebbero state delle attenuanti. Ma in realtà risale a molto tempo prima. «Nel 1999, l’acqua che scende dai canaloni della montagna allagò l’area che, tre anni dopo, venne dichiarata R4. Sono passati vent’anni - ricorda Cecola -, con un terremoto di mezzo, ma la situazione non è cambiata e ora una vasta parte di Ussita rischia di non essere ricostruita». A fare rabbia ai residenti - ma anche agli amministratori visto che il sindaco Silvia Bernardini è più volte intervenuto sul tema per chiedere una soluzione repentina - è il paradosso che distingue le case agibili da quelle inagibili.
«Lavorando in Comune - racconta Cecola - subito dopo il sisma era difficile fare la pendolare non avendo più la mia casa agibile, così, per evitare di attendere le Sae, ho preso una sistemazione in affitto a pochi metri dalla mia. E ora mi trovo a vivere in una zona dove la legge mi impedisce di ricostruire casa mia perché ritenuta pericolosa. Non solo: la mia vicina di casa, a 20 metri da me, con il sisma ha avuto dei danni lievi in quella che per lei è la seconda casa visto che abita a Roma. Lei ha potuto comunque sistemarla e riavere l’agibilità. Perché la norma - conclude - non distingue solo le case agibili da quelle inagibili. Ma anche l’inagibilità lieve da quella grave. Per la mia casa, che deve essere demolita e ricostruita, la norma è più stringente». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico