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CAMERINO - «Ho fallito». Le parole del magistrato Vincenzo Semeraro toccano il cuore degli italiani. E soprattutto Camerino, città natale del giudice di sorveglianza di Verona, che ha scritto una lettera per il funerale di Donatella Hodo, la giovane 27enne suicida nel carcere di Montorio (nel capoluogo di provincia veneto) lo scorso 2 agosto.
L’autore della missiva, nonché magistrato che seguiva da anni il caso della ragazza, è nato nella città ducale e ha iniziato la sua carriera proprio tra i Tribunali di Camerino e Macerata.
Le parole
«Se in carcere muore una ragazza di 27 anni così come è morta Donatella, significa che tutto il sistema ha fallito. E io ho fallito». Queste le parole che Semeraro ha voluto far arrivare in chiesa, durante i funerali della ragazza, tramite un’amica della 27enne. «So che avrei potuto fare di più per lei – ha scritto il giudice -, non so cosa, ma so che avrei potuto fare di più». Sono parole che mostrano il lato umano di una figura che spesso viene identificata solo come la legge che rappresenta. Parole con cui Semeraro si scusa e riflette sul ruolo che potrebbe aver giocato in questa triste storia.
Il Garante
Le parole di Semeraro hanno colpito pure il garante regionale dei diritti, l’avvocato Giancarlo Giulianelli, che coglie l’occasione per accendere i riflettori su una grave emergenza: quella dei suicidi nelle carceri. «Prendo atto delle parole coraggiose di Semeraro - dice -. Credo che occorra una rivisitazione anche del ruolo della Magistratura di sorveglianza. Il fatto di Verona fa il paio purtroppo con la situazione che stiamo vivendo in tutte le carceri italiane. È di pochi giorni fa il terzo suicidio in sei mesi nel carcere di Marina del Tronto. La situazione è molto preoccupante nelle Marche, tenuto conto del limitato numero complessivo dei detenuti. Dopo la chiusura del 2012 (operata nel 2015) degli ospedali psichiatrici giudiziari, abbiamo avuto per le Marche solo 20 posti nella residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza a Macerata Feltria. Situazione aggravata dalla mancanza di psichiatri, psicologi ed educatori nelle carceri. Credo che i giovani con pene brevi potrebbero ottenere misure alternative. Occorre rivedere il sistema e la sanità penitenziaria - conclude - che secondo me hanno penalizzato la cura dei detenuti».
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Corriere Adriatico