Recanati, perseguitato dal bullo più grande: «In un anno ho perso 20 chili»

Recanati, perseguitato dal bullo più grande: «In un anno ho perso 20 chili»
RECANATI - Per più di un anno aveva tenuto tutto dentro, poi l’aggressione, il dolore fisico, il fiato che ha iniziato a mancare e la telefonata al padre:...

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RECANATI - Per più di un anno aveva tenuto tutto dentro, poi l’aggressione, il dolore fisico, il fiato che ha iniziato a mancare e la telefonata al padre: «Aiutami, vienimi a prendere». Quella richiesta fatta con parole ormai quasi sussurrate ha aperto il vaso di Pandora: tredici mesi di insulti, minacce, sfottò e poi la vergogna, le notti insonni, i pianti nel bagno di casa e la paura di uscire per ricadere nuovamente nell’incubo.

Il calvario sofferto da un ragazzino di quindici anni è stato ricostruito ieri mattina dalla stessa vittima in tribunale a Macerata. Seduto sul banco dei testimoni, adesso è appena maggiorenne. Occhiali da vista scuri, sguardo attento e risposte puntuali, la vittima del bullo ha raccontato tutto al pubblico ministero Stefano Lanari e al giudice Francesca Preziosi. Ha raccontato della prima volta che quel ragazzo più grande di lui di età e di corporatura aveva iniziato a prenderlo in giro e a insultarlo. Era ottobre del 2015, la vittima aveva 14 anni, il bullo tre di più.
  
Tutte le mattine prendevano l’autobus insieme fino a Recanati, poi uno scendeva e l’altro proseguiva per raggiungere la scuola in un altro comune. «Testa di…», «Finocchio», «Perché non ti uccidi?», «Non vali un cxxx, sparati», gli avrebbe urlato più volte il bullo. «Torna al tuo paese», era un’altra frase spesso pronunciata verso la vittima, che in Italia viveva da tempo pur non essendoci nato. Poi schiaffi, spinte, lanci di palline di carta e strattonate erano violenze quasi quotidiane a cui facevano seguito molto spesso le minacce: «Non dire nulla a nessuno, se provi a dire qualcosa ti ammazzo, ti spezzo le gambe, ammazzo te e la tua famiglia». E lui stava zitto. Teneva tutto per sé. «Quell’anno – ha raccontato ieri in aula – ho perso 20 chili. Certe notti non riuscivo a dormire, mi capitava di chiudermi in bagno e piangere, ma mi vergognavo a raccontare queste cose ai miei genitori. Alla fine ho anche creduto che ero io quello sbagliato». Ma per tutti gli altri non era così. Studente modello con una media dell’8 e mezzo, educato, dai modi gentili, erano in molti ad apprezzarlo. Il bullo no. Ma il 17 novembre 2016 la svolta. La vittima era seduta a un bar di Recanati e giocava a carte con gli amici quando il 18enne si è avvicinato. La presa in giro, poi gli schiaffi sulla testa, alla fine il 15enne si è alzato ma non è riuscito a dire niente, il bullo lo ha scaraventato contro i tavoli facendogli battere violentemente la schiena.

Due amici lo hanno soccorso e accompagnato all’autobus tenendolo per le braccia ma quando è arrivato al suo paese si è trascinato per qualche metro, poi il respiro si è fatto più pesante, si è accasciato a terra e ha telefonato al padre. Il genitore è corso da lui e quando lo ha visto in quelle condizioni ha chiamato i carabinieri e lo ha portato al pronto soccorso. Ieri, dopo la testimonianza si è alzato ed è tornato a sedersi accanto al suo avvocato, Francesco Acquaroli, due sedie più in là, sul banco degli imputati c’era il bullo accusato di stalking e lesioni, accanto al suo legale Sergio Ariozzi. Il 20 dicembre ci sarà la prossima udienza in cui saranno sentiti altri testimoni. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico