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MACERATA - Accusarono l’amico imprenditore di Castelraimondo, Santo Seminara, di essere stato lui a uccidere il commerciante di pesce sambenedettese Pietro Sarchiè, pur sapendolo innocente. Per padre e figlio di 47 e 26 anni, Giuseppe e Salvatore Farina ieri c’è stata la sentenza: il giudice Daniela Bellesi ha assolto il figlio Salvatore dall’accusa di calunnia, mentre ha condannato il padre per lo stesso reato a un mese di isolamento diurno in continuazione con la pena dell’ergastolo.
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Giuseppe e Salvatore Farina sono stati infatti condannati in via definitiva rispettivamente all’ergastolo e a 20 anni di reclusione per aver ucciso Pietro Sarchiè il 18 giugno del 2014.
La procura aveva chiesto per entrambi la condanna a tre anni e mezzo di reclusione, ma il giudice ha assolto Salvatore Farina e condannato il padre in continuazione con la pena dell’ergastolo a un mese di isolamento diurno. I Farina sono difesi dagli avvocati Francesco Voltattorni e Felice Franchi, ieri sostituiti dal collega Vanni Vecchioli.
Pietro Sarchiè era scomparso il 18 giugno del 2014. Quella mattina si era svegliato molto presto, era andato a rifornirsi di pesce ed era partito alla volta del Maceratese. Da anni infatti vendeva il pesce ai tanti clienti storici che aveva nei comuni dell’entroterra. Quella mattina però, i suoi clienti non lo videro arrivare. Sparì nel nulla. Per giorni di lui non si ebbero più notizie, la moglie Ave Palestini e i figli Jennifer e Yuri iniziarono a cercarlo ovunque, arrivarono fino a Roma perché inizialmente un indizio (poi rivelatosi errato) portava lì. Poi il 5 luglio il tragico ritrovamento: il cadavere semicarbonizzato del commerciante fu trovato sotterrato vicino ad una chiesa sconsacrata a San Severino, in località Valle dei Grilli. Sul corpo fori di proiettile e un colpo alla nuca. A ucciderlo furono Giuseppe e Salvatore Farina.
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Corriere Adriatico