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«In uno dei classici momenti in cui si va a sistemare le cianfrusaglie in soffitta è uscito fuori il manoscritto di mio padre Costantino - racconta Ezio Quattrini -. Un quadernino a righe con i bordi rossi. L’ho aperto e ho iniziato a leggere. Le prime cinque pagine mancavano, poi le altre erano tutte numerate. Quello che ho notato subito è stata la forma: mio padre era un contadino, ma i racconti sono scritti bene, forse lo ha aiutato qualcuno». È nella lettura che il figlio si perde tra le pagine del dolore vissuto dal padre durante la guerra: venne catturato nel 1943, mentre stava svolgendo il servizio militare in Liguria.
Il giovane
A far riflettere l’insegnante in pensione anche il pensiero dell’età che aveva suo padre quando ha vissuto il dramma della guerra: «È del 1921 (Costantino è morto nel 2000, ndr) aveva 22 anni, cosa può provare un giovane a quell’età?». Un giovane che ha dovuto seppellire il suo amico: «Tra i racconti che mi hanno toccato di più quello della fucilazione del suo amico, Giuseppe Fava. Lo hanno costretto ad assistere all’uccisione e a scavargli la fossa. Poi il racconto di quando lavorava in una fabbrica di armi che venne bombardata. Lui parla del bombardamento: in quel momento, istintivamente, si è spostato nell’angolo di una parete e la bomba è caduta nel punto dove lui si trovava qualche secondo prima. Quando sono passati a Norimberga i muri più alti non erano nemmeno di un metro. La città era rasa al suolo. In piedi c’era solo una cattedrale».
Il quaderno
Toccato da quanto ritrovato in soffitta, Ezio ha portato il quaderno al cugino Fabrizio Quattrini, dell’associazione nazionale Combattenti e reduci che ora si è impegnato per conferire a Costantino la medaglia d’onore. «Ho trascritto al computer il diario di Costantino - dice Fabrizio Quattrini - e ho avviato l’iter per fargli ottenere la medaglia d’onore. A Montecosaro siamo già riusciti a conferirne almeno dieci e a riportare a casa alcune salme dei concittadini dalla Germania». In merito al diario, secondo Fabrizio Quattrini «è stato scritto una volta che Costantino era tornato a casa. Probabilmente lui ha preso degli appunti in guerra, dal momento che cita date e giorni precisi, magari in un piccolo diario, ma poi a casa lo ha trascritto. Si vedono le macchie lasciate sui fogli dal pennino a china. Questa è la spiegazione più plausibile».
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Corriere Adriatico