Mafia della movida, sedici condanne: confermate pene per oltre 130 anni

Estorsioni e incendi nei locali, sentenza della Cassazione. Per due posizioni si torna in Appello

Mafia della movida, sedici condanne: confermate pene per oltre 130 anni
 MACERATA Un’organizzazione che aveva messo sotto scacco i locali della movida marchigiana. Un processo che finì alla ribalta anche per essere tra i primi nella...

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 MACERATA Un’organizzazione che aveva messo sotto scacco i locali della movida marchigiana. Un processo che finì alla ribalta anche per essere tra i primi nella regione in cui venne riconosciuta l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Confermate pene complessive per oltre 130 anni.

 

 

I dettagli

La Cassazione ha confermato le condanne nei confronti di 16 dei 18 imputati, invece due posizioni - quelle di Salvatore Perricciolo e Alessandro Petrolati - finiranno all’attenzione della Corte d’Appello di Perugia, a cui sono stati inviati gli atti per una rideterminazione della pena. Perricciolo è difeso dagli avvocati Gabriele Cofanelli, Alfredo Gaito e Francesco Tagliaferri, Petrolati dai legali Giancarlo Giulianelli e Sergio Del Medico.

Un maxi processo nei confronti di quella che era diventata nota come la “Mafia della movida”, una sorta di “romanzo criminale” marchigiano. Contestate, a vario titolo, estorsioni a danno di imprenditori titolari di locali notturni, night o semplici ristoranti e incendi di locali lungo la costa maceratese e fermana. Fatti avvenuti nel 2009. Tra le accuse, sempre a vario titolo, anche il traffico di droga e la detenzione di armi ed esplosivi. Per alcuni degli imputati, come detto, c’era anche la contestazione dell’associazione a delinquere.

Diversi gli imprenditori della costa a cui erano stati chiesti soldi, a titolo di “protezione”. Diversi i collaboratori di giustizia sentiti nel corso del processo che hanno fornito date, nomi e dettagli sul modus operandi degli imputati di punta. Infinite le intercettazioni finite nei faldoni della Dda di Ancona che ha condotto le indagini. L’inchiesta, conosciuta con il nome di “Gustav”, era partita da Macerata, grazie alle indagini compiute dalla Squadra Mobile. Gli inquirenti avevano iniziato a controllare movimenti sospetti nella zona e piano piano hanno aperto un vero e proprio vaso di Pandora. La competenza è quindi passata alla Direzione distrettuale antimafia di Ancona.

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Corriere Adriatico