RECANATI - «Se non mi date metà dello stipendio trovatevi un altro lavoro». È suonata più o meno così la minaccia che un dipendente avrebbe...
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Macerata, blitz anti-caporalato Giovani sfruttati per il volantinaggio
I due africani si sono accordati con il pakistano per la consegna dei soldi, ma al passaggio del denaro sono intervenuti gli agenti che hanno arrestato l’uomo. Posto agli arresti domiciliari, ieri mattina il pakistano è stato accompagnato in Tribunale per l’udienza di convalida. Assistito dall’avvocato Roberta Ippoliti, ha raccontato al giudice Claudio Bonifazi la sua verità. Il dipendente dell’azienda ha spiegato che spesso i braccianti avevano bisogno di mandare più soldi all’estero, per un familiare che si ammalava o per altre esigenze, oppure dovevano fare acquisti particolari, e quando ciò accadeva chiedevano a lui di anticipare loro delle somme. Lui appuntava tutto su un quaderno che poi portava al proprietario e se quest’ultimo dava l’ok, lui consegnava gli anticipi. I soldi poi dovevano essere restituiti con la successiva busta paga. Se gli importi anticipati erano bassi, restituivano tutta la somma, se invece erano consistenti la restituzione avveniva a rate. Nel caso dei due braccianti africani, il pakistano si è giustificato riferendo che le somme che i due gli avevano consegnato il giorno dell’arresto erano soldi prestati e che avrebbero dovuto restituire. Non solo. Il pakistano avrebbe detto anche altro, ovvero che i due braccianti dopo aver ottenuto l’anticipo si erano rifiutati di restituirlo e lo avrebbero minacciato di fare attenzione altrimenti lo avrebbero mandato in galera. Ieri il pm Rosanna Buccini ha chiesto la detenzione carceraria nei confronti del pakistano, in subordine gli arresti domiciliari, ma il gip ha convalidato l’arresto ritenendo non fosse necessaria l’applicazione di alcuna misura e lo ha rimesso in libertà.
In passato l’azienda era finita nel mirino della procura. L’indagine, per l’ipotesi di reato di caporalato, è condotta dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Macerata e dalla Compagnia di Civitanova che a fine agosto dello scorso anno avevano iniziato a monitorare l’attività di alcuni lavoratori impegnati in campi agricoli a Montelupone e Recanati e avevano accertato che i braccianti lavoravano in alcuni casi senza retribuzione e senza riposo settimanale, con giornate lavorate completamente in nero, a volte per 12 ore per una paga di cinque euro all’ora. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico