Ragazze adescate, costrette a prostituirsi e minacciate con riti voodoo: una nigeriana finisce in manette

Il Tribunale di Macerata dove si è tenuta l'udienza dal Gip
MACERATA - «Voglio difendermi ma non capisco che cosa è scritto», rinviati gli atti a Catania per tradurre l’ordinanza in inglese. Si è interrotta...

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MACERATA - «Voglio difendermi ma non capisco che cosa è scritto», rinviati gli atti a Catania per tradurre l’ordinanza in inglese. Si è interrotta prima di iniziare l’udienza dinanzi al Gip Domenico Potetti per l’interrogatorio di garanzia di Juliet Omosigho, nigeriana di 35 anni conosciuta col nome di “Anita” indagata in concorso con un’altra extracomunitaria di Gualdo Tadino e altre persone al momento non identificate, per tratta di esseri umani e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di una connazionale di 26 anni.

 

La 35enne è accusata anche di impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita. Finita agli arresti domiciliari per questi reati, ieri mattina la donna, che vive a Macerata, è comparsa davanti al Gip assieme al suo legale, l’avvocato Nicola Piccinini. 

La donna ha dichiarato di volersi difendere dalle accuse che le vengono mosse ma di non riuscire a comprendere l’ordinanza cautelare, a quel punto il Gip ha rinviato gli atti all’ufficio Gip di Catania per provvedere alla traduzione dell’intera ordinanza. L’indagine, infatti, è partita da Catania dopo che una delle ragazze arrivate in Italia con la promessa di un lavoro ma poi costrette a prostituirsi, aveva denunciato quello che era accaduto a lei e alla sua amica, una 26enne sbarcata al porto di Catania il 24 novembre del 2016. 



Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Catania, la 26enne sarebbe stata reclutata da un pastore che le aveva proposto di andare in Italia per lavorare come babysitter dalla moglie, lui si sarebbe fatto carico delle spese di viaggio, poi la giovane avrebbe saldato il debito con i soldi guadagnati. In realtà, da quanto emerso, la donna che era in Italia non era la moglie del pastore ma solo una persona con cui aveva un rapporto d’affari. Secondo gli inquirenti una volta reclutate le ragazze, con riti voodoo e approfittando della vulnerabilità della vittima, le due nigeriane avrebbero costretto o comunque indotto la 26enne a prostituirsi immettendola concretamente nel circuito della prostituzione in strada o nelle abitazioni.
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Corriere Adriatico