MACERATA - Il 29 ottobre del 2009 venne trovata carbonizzata nella sua Fiat Panda lungo la strada di contrada Alberotondo, appena fuori Macerata. Per la...
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Claudia, residente a Macerata ma originaria di Corridonia, era una giovane mamma di 33 anni che lavorava come operatrice sociosanitaria all'ospedale del capoluogo. Una morte atroce che sin dall'inizio aveva presentato diversi aspetti da chiarire. Ma dalle indagini non emersero elementi che avessero potuto far pensare a un omicidio o a una tragica fatalità. Per la Procura si è trattato di un suicidio, tesi condivisa dal Gip. Pero ora il caso è riesploso, almeno mediaticamente. Ieri mattina infatti, per provare a fare ulteriore luce sulla morte, è arrivata in ospedale una troupe di “Chi l'ha visto?”. Una presenza che non è passata inosservata. L'inviato della trasmissione televisiva di Rai 3 ha raccolto le testimonianze di chi lavorava con Chiara nel reparto di pneumologia. Sono stati anche intervistati i suoi familiari. I genitori ritengono che la loro figlia non avesse alcun motivo di togliersi la vita.
L'avvocato Sandro Giustozzi, che assiste la famiglia, all'epoca aveva indicato alcuni particolari della tragedia meritevoli di approfondimento. “In primo luogo - aveva detto - la scena della morte. Nell'auto vennero trovate tracce di liquido infiammabile, ma nessun oggetto utilizzabile per appiccare il fuoco; inoltre sono state rivenute delle pillole nell'auto ma non nello stomaco della ragazza. Altro aspetto, le ore precedenti la tragedia. Il giorno prima Claudia aveva parlato con la madre del suo futuro, era tranquilla e non lasciava intendere intenzioni suicide; inoltre il pomeriggio precedente aveva ricevuto molte telefonate minacciose, tanto che una collega l'aveva invitata a dormire con lei”. Ma sul tavolino dell'uscio dell'abitazione della vittima, in via Pace a Macerata, dove Claudia era andata a vivere, la polizia trovò un bigliettino in stampatello con scritto: “Perdonatemi, voglio bene alle bambine”. «Ma non si sa quando risale quel biglietto, forse in un precedente momento di sconforto - aveva detto la famiglia -. Amava le sue bambine, per le quali aveva appena comprato una nuova casa, era soddisfatta del suo lavoro in ospedale, era solare e piena di vita. Non si sarebbe mai uccisa». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico