Macerata, Rebecca: «Un uomo mi ha sputato in viso». Il commento choc sulla pagina Facebook: «Fatto bene»

Rebecca: «Un uomo mi ha sputato in viso». Il commento choc: «Fatto bene»
MACERATA La strada del cambiamento è ancora lunga. Quel seme che Rebecca Marconi, dottoranda 28enne di Unimc ha voluto piantare per «cambiare il ruolo delle donne...

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MACERATA La strada del cambiamento è ancora lunga. Quel seme che Rebecca Marconi, dottoranda 28enne di Unimc ha voluto piantare per «cambiare il ruolo delle donne nella società» trova - in alcuni casi - un terreno davvero arido. Prima uno spunto in faccia, senza motivo, da parte di un uomo con il volto coperto, mentre cammina per le strade di Bruxelles. Poi il commento di un altro uomo che sulla pagina Facebook del Corriere Adriatico scrive: «Fatto bene». È questo ciò che vuole cambiare la giovane che ieri aveva raccontato la terribile esperienza vissuta in Belgio. 

 



E poche ore dopo si è trovata tra i commenti alla versione online dell’articolo quello di chi non ritiene poi così grave lo sputo contro la ragazza. Anzi, lo condivide. Ma la 28enne maceratese, che è da poco tornata in città dopo essere stata per sei mesi a Bruxelles per il suo dottorato applicato al dipartimento di Giurisprudenza di Unimc, non si lascia intimorire. Guarda dritta al suo obiettivo, per lei e per le altre donne. È stata lei stessa, infatti, a condividere il post sul suo profilo Facebook evidenziando il commento choc. «Non è “solo” uno sputo - scrive -, è molto di più. E certi commenti sono l’ennesimo atto di violenza che non dobbiamo normalizzare, ma condannare e combattere. Arrabbiate, degne, capaci, forti, meravigliose. Donne, non fermiamoci». 

L'invito
 

Un invito a reagire il suo. «Non sopporto il senso di impotenza delle donne. Dovermi sempre guardare attorno. Dover cercare vie di fuga e protettori». Quanto le è accaduto a Bruxelles infatti l’ha fatta riflettere sulla condizione di subalternità della donna. «Mentre tornavo verso casa con una mia amica, un uomo sconosciuto, con il volto coperto, si è abbassato la sciarpa e mi ha sputato. Mi sono voltata verso di lui e gli ho urlato contro. Ma mentre stava tornando verso di noi, con il volto coperto, minacciandoci di poter fare di meglio, mi sono sentita inerme».

I ricordi



Un pensiero che l’ha portata indietro nei ricordi, confermando che «in realtà molte altre volte mi ero sentita inerme di fronte a un’ingiustizia o a un sopruso perché donna, ma la società mi aveva indotto a normalizzarlo. È questo l’errore - ci tiene a ribadire la giovane -. Tutto parte dai sistemi educativi: occorre maturità di pensiero, che sia libero e rispettoso a prescindere dal genere, senza stereotipi o pregiudizi. Molte donne tendono a giustificare certi gesti. Ma quello che si normalizza diventa abitudine al sopruso, abitudine al senso di impotenza e subalternità. Questo va impedito». Di contro, però, accanto a quel commento sconcertante, ce ne sono stati tanti altri - la stragrande maggioranza - per incoraggiare la giovane a portare avanti la sua battaglia. Nel suo racconto, infatti, si sono riviste tante altre donne che hanno deciso di scriverle anche in privato per raccontare episodi di soprusi vissuti personalmente. Una goccia nel mare la sua, che ha creato però un’onda decisa che spinge il genere femminile verso un cambiamento tanto desiderato. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico