MACERATA - Va con il figlio a fare il tampone, trova code e assembramenti e decide di usare Facebook per segnalare la situazione. È quanto ha fatto una donna, raccontando...
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«Esperienza tampone Covid per mio figlio all’ospedale di Macerata questa mattina – ha scritto nella tarda mattinata di ieri la giovane mamma, che ha poi diffuso il suo post sul gruppo pubblico “Sei di Macerata se...” -.
Appuntamento ore 8.30 al container Covid numero 2. Mi presento in perfetto orario pensando che gli orari assegnati servissero ad evitare assembramenti di persone (che, tra l’altro, se sono li a fare i tamponi proprio in perfetta salute non stanno). E niente: un ammasso di gente, circa 20-25 persone tutte ammucchiate perché non solo avevamo appuntamento tutti alle 8.30, ma chi prima arriva prima entra. Quindi, invece di stare distanti ed attendere il proprio turno, magari venendo chiamati dagli operatori che seguono una lista, tutti cercavano di entrare il prima possibile. Premetto – ha continuato la donna sul post - che facevano anche dieci gradi, si aspetta all’aperto e un bambino con tosse e raffreddore a quelle temperature proprio bene non sta, non parlo solo del mio ovviamente, c’erano anche altri bimbi nelle stesse condizioni. Inizierò a fare qualche telefonata, direttore sanitario, responsabile reparto Covid – ha scritto -. Non so chi contattare, ma è una situazione inaccettabile. Ai prossimi sintomi, vista l’esperienza, sto zitta e me lo tengo a casa malato, rischiando io piuttosto».
«Sono la prima – si legge ancora nel post - ad essere stata contenta della decisione della pediatra di controllare il bimbo con i sintomi onde evitare contagi a casa/scuola. Ma in queste condizioni mai più. O vengono a casa o non vado più da nessuna parte essendo oltretutto incinta», si legge alla fine del post. Tanti i commenti e le reazioni che la segnalazione ha suscitato tra le persone che fanno parte del gruppo. Decine e decine anche le condivisioni del post che, nel giro di poco tempo, ha fatto il giro delle “bacheche” del social network. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico