L'infermiera Silvia nell'inferno del Covid-19: «Ho avuto paura di morire, ma ero in buone mani: colleghi fantastici»

L'infermiera Silvia nell'inferno del Covid-19: «Ho avuto paura di morire, ma ero in buone mani: colleghi fantastici»
MACERATA - «Certo che ho avuto paura di non farcela ma sapevo di essere in buone mani. I miei colleghi sono sempre nei miei pensieri così come tutte le famiglie che...

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MACERATA - «Certo che ho avuto paura di non farcela ma sapevo di essere in buone mani. I miei colleghi sono sempre nei miei pensieri così come tutte le famiglie che sono state devastate dal virus». Silvia Mazzante, 38 anni di Monte San Giusto, è tornata a casa ieri dopo circa due settimane in terapia intensiva al Covid-Hospital di Civitanova, dove lavora come infermiera e dove era stata ricoverata dopo aver contratto il Coronavirus


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Circa cinque giorni fa l’infermiera sangiustese, che il virus lo ha combattuto con le unghie e con i denti grazie anche all’instancabile lavoro dei suoi colleghi, era stata estubata e dichiarata fuori pericolo. Ora è a casa. È molto stanca, fisicamente e psicologicamente, e ha bisogno di un lungo periodo di riposo per poter tornare ad aiutare chi ha bisogno.
 
«I miei colleghi sono sempre nei miei pensieri; non vi potete rendere conto di quello che stanno affrontando al lavoro e nella vita privata in questo momento – le toccanti parole della professionista -. Molti hanno lasciato le famiglie e vivono da soli per evitare di contagiarli e non hanno neanche il conforto dei cari quando tornano a casa». 
Lo strazio

«Purtroppo questo virus porta con sé situazioni strazianti come ad esempio mogli e mariti che vengono separati per sempre dalla malattia e che non hanno nemmeno l’occasione di dare un ultimo bacio e un’ultima carezza all’amore di una vita. Persone che rimangono ricoverate sapendo che il compagno di una vita non ce l’ha fatta – il commovente racconto dell’infermiera -. Come ugualmente sono strazianti ma piene di gioia le prime telefonate o videochiamate fatte ai familiari dopo la terapia intensiva; quelli sono davvero momenti molto toccanti. I miei colleghi cercano anche di sopperire a questo nonostante la mole di lavoro, in questa situazione di emergenza, sia davvero enorme». L’infermiera Mazzante lavora in Medicina d’Urgenza ed è stata ricoverata in rianimazione per circa due settimane. «Ho visto i miei colleghi arrivare a fare delle cose al di fuori dell’ordinario e tra loro non c’è mai stato un litigio, mai una parola fuori posto nonostante lo stress lavorativo». Mangiare, bere, andare in bagno, «non si riesce proprio a fare queste cose» racconta la professionista. «Per due settimane sono stata in una bolla e non ho visto nulla ci cosa stesse succedendo fuori; le uniche persone che ho visto sono i miei colleghi, i medici, gli operatori socio sanitari e tutti i tecnici del lavoro oltre ai pazienti e devo ammettere che ci sono anche molte dimissioni. Che ci sia gente che va a casa è sì una notizia positiva però per questa malattia ci vuole tempo e i tempi di recupero sono lunghissimi: io dovrò stare in isolamento per altri 15 giorni». «Se ho avuto paura di non farcela? Certo che ho avuto paura ma sapevo di essere in buone mani – ha concluso la Mazzanti -. Io ora credo di aver avuto molta visibilità; mi piacerebbe che voi parliate con i figli delle persone che non ci sono più. Non fateli sentire soli perché qui ci sono intere famiglie devastate». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico