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Arte, natura e tecnologia: la personale di Giovanni Termini che si è inaugurata sabato scorso nei suggestivi spazi del cinquecentesco Palazzo Tiranni-Castracane a Cagli, è la perfetta risposta dei temi di Pesaro 2024, che vede la collaborazione tra il Comune di Cagli e Pesaro Musei. Il titolo dato all’esposizione “Come la metti sta” è poi un ulteriore segno identificativo di un artista le cui creazioni sono permeate da un vitalismo materico fondato sul reimpiego e la rielaborazione di oggetti prelevati dalla realtà, configurandosi come “manufatti” che rivendicano esplicitamente una tecnologia di esecuzione. Un processo che si apre al dettato dei materiali, delineando una narrazione intorno all’uomo e alla sua natura.
L’artista
Nato ad Assoro (En) nel 1972, ma pesarese d’adozione, Giovanni Termini si colloca in una traiettoria della scultura contemporanea italiana che parte da Lucio Fontana fino all’esperienza dell’Arte Povera.
La visione giocosa
In tutte le sue opere appare una visione giocosa e ironica: «Agli oggetti tolgo la possibilità di essere utilizzati, di essere in funzione». I quattro contenitori in ferro zincato, dotati di ruote e utilizzati per la movimentazione dei prodotti, sono infatti ribaltati: oggetti funzionali a cui è stata tolta la libertà di movimento. Termini ha dedicato anche Dialogo costruttivo (2017), al grande Eliseo Mattiacci, originario di Cagli: «Un omaggio a Eliseo e a una sua frase ricorrente “Spero che una mia opera non ti lasci mai come ti trova”, in una unione ideale con un grande maestro», racconta Termini. L’universo produttivo che esplora l’artista è spesso legato all’atto del costruire e allo spazio del cantiere, qui ricorrente attraverso il travestimento poetico di strumenti tecnici, ma sempre in relazione all’uomo e alla natura, in un equilibrio precario che sembra governare tale rapporto.
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Corriere Adriatico