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GENGA- Tra natura, storia, arte e devozione: dall'abbazia di San Vittore alle Chiuse fino al tempio del Valadier. Una passeggiata breve, non impegnativa (a parte gli ultimi 700 metri), che conquisterà anche gli escursionisti meno esperti e desiderosi di conoscere le grandi bellezze custodite all'interno del comprensorio del comune di Genga.
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Il gioiello del romanico
Punto di partenza dell'escursione è l'abbazia di San Vittore alle Chiuse, un gioiello dell'architettura romanica nelle Marche.
L'erta finale
Ultimi metri però tutti in salita, non impossibile ovviamente, ma costante e che si alleggerirà solamente verso gli ultimi passi. Una volta arrivati si potrà ammirare il tempio del Valadier, si tratta di un edificio a pianta ottagonale in travertino locale, ricoperto da un tetto di piombo, voluto da papa Leone XII (nato proprio nel castello di Genga), e compiuto entro il 1828. Il progetto dell'elegante tempio è comunemente riferito all'architetto Giuseppe Valadier. Poco distante c'è l'eremo di Santa Maria Infra Saxa. L'Eremo venne costruito tra le rocce ed è parzialmente scavato nella parete della grotta. Le prime testimonianze scritte dell'eremo sono del 1029 e parlano di un monastero femminile di clausura abitato da monache benedettine. Si crede che un tempo la popolazione si rifugiasse in queste grotte per sfuggire agli attacchi degli invasori. Una volta ammirato il panorama e le bellezze di questi due stupendi luoghi di culto, si potrà tornare comodamente sui propri passi ritornando al punto di partenza dove è stato lasciato il mezzo prescelto per raggiungere San Vittore Terme di Genga. L'escursione ed il percorso non presentano particolari rischi o problematiche, ma come sempre è consigliato munirsi delle più comuni attrezzatture per evitare spiacevoli sorprese. Con l'approssimarsi della bella stagione è consigliato affrontare il percorso muniti di un copricapo e scorta d'acqua da poter utilizzare lungo il tragitto. Altra accortezza quella di scarpe comode e adatte per affrontare il tratto finale in salita e soprattutto la prima parte del ritorno in discesa.
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