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Assistere alla danza dei dervisci rotanti è tanto sbalorditivo quanto eccitante. Mentre girano, come dice Franco Battiato, "sulle spine dorsali", quasi fossero satelliti attorno al Sole, sprigionano un'energia soprannaturale. Anche se le grandi gonne, che nella rotazione si aprono a raggiera, li fanno assomigliare a ballerine, sono uomini, sempre. Le donne che praticano questa danza non hanno il permesso di esibirsi in pubblico.
La dimostrazione
Lo fa solo Rana Gorgani, che ne darà dimostrazione stasera alle 21.30, alla Sala delle Polveri della Mole di Ancona, nello spettacolo di punta di Cinematica, dal titolo "Dialogue avec Shams". La danzatrice, di madre iraniana e padre curdo, è cresciuta in Francia. Quando, a 14 anni, ha visitato per la prima volta l'Iran, che i suoi avevano lasciato a causa della rivoluzione khomeinista, ha sentito l'esigenza di riscoprire la cultura e le tradizioni della terra d'origine.
Il debutto
Nel 2011, al Festival di Montpellier, si è esibita per la prima volta come "derviscia rotante", quasi un neologismo, in quanto è l'unica donna al mondo a farlo non in privato, davanti a spettatori che non siano la famiglia. Alla Mole, al termine della sua esibizione, Rana, esperta in antropologia della danza ed etnomusicologia, dialogherà con il pubblico di Cinematica Festival. Un'occasione imperdibile per capire di più della storia di questa pratica mistica. Ma soprattutto delle sensazioni che provoca la danza sufi. Così ci spiega: «Ruotando senza sosta, in un crescendo di velocità ed estasi, provo un'emozionante fusione di euforia ed estenuazione. La ripetizione all'infinito è una dura prova, dal punto di vista psicologico, ma è immensamente ripagante condividere questa forma d'arte spirituale con differenti tipi di pubblico». In "Dialogue avec Shams", scritto da Rana con il danzatore e coreografo francese Matthieu Hocquemiller, la danzatrice sufi iraniana intreccia un dialogo immaginario con Shams, un mistico errante del XIII secolo, guru del Sufismo. Elementi autobiografici si mescolano, nel testo che scorre in sovrimpressione, a riflessioni su biculturalità, migrazioni, questioni di genere e politiche discriminatorie. «Si tratta di esperienze personali e di incontri, che hanno reso più profondo e significativo il mio rapporto con il Sufismo, illuminando il viaggio spirituale che ho intrapreso». E Shams, per lei, «rappresenta un simbolo di illuminazione spirituale e della presenza divina. È il faro, la luce guida che ci conduce sul sentiero dell'autocoscienza, della scoperta di sé e di una profonda rinascita». Rana Gorgani conferma quello che Hocquemiller scrive nelle note al testo: «Seguiamo la costruzione di una biculturalità franco-iraniana. E assistiamo a un processo permanente di incorporazione: culturale, di un corpo estraneo a una comunità, e spirituale, di conoscenza».
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