Ultimo saluto a Rossi, l'imprenditore innamorato del volo. Gli aerei volteggiano sopra la chiesa

Ultimo saluto a Rossi, l'imprenditore innamorato del volo. Gli aerei volteggiano sopra la chiesa
SERVIGLIANO - Quando la sua bara è stata rimessa dentro al carro funebre per poi muovere alla volta del cimitero, il cielo sopra la chiesa di San Marco dove si era svolto...

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SERVIGLIANO - Quando la sua bara è stata rimessa dentro al carro funebre per poi muovere alla volta del cimitero, il cielo sopra la chiesa di San Marco dove si era svolto il rito religioso è stato solcato ripetutamene da tanti aerei che ondeggiavano le ali a destra e sinistra, come tante mani volanti che gli facevano ciao.

 

 
La scelta
Non poteva esserci un ultimo saluto più giusto per Cesare Rossi, il 72enne ideatore, organizzatore e gestore dell’aviopista Paci di Piane di Montegiorgio stroncato dal Covid, che del volo è stato il simbolo in tutto il territorio fermano. La chiesa di Servigliano non è riuscita a contenere i tanti che hanno voluto partecipare alla cerimonia funebre ma, a supporto, si è prestata la bellissima piazza quadrilatero antistante, muta nonostante le tante presenze, assorta in un silenzio carico di dolore e di ricordi, di pezzi di vita con lui condivisi. Silenzio rotto solo dalle parole amplificate dei due sacerdoti celebranti, don Filippo Giustozzi di Curetta di Servigliano, luogo di origine a cui Cesare è stato sempre legato, e don Mauro Antolini di Monteverde, luogo della sua ultima residenza e quindi comunità di adozione. Entrambi hanno sottolineato, il suo fare amicale, il suo impegno religioso e la ricchezza d’animo che lo contraddistinguevano, sempre in prima linea per il bene degli altri, anche come membro attivo dell’organizzazione che portava avanti la costruzione di un ospedale in Etiopia. I due figli Federico ed Edoardo, nel loro ricordo hanno tratteggiato il lato umano di un padre coraggioso che non si è mai lasciato abbattere dalle vicissitudini della vita e che ogni volta aveva sempre trovato la forza di rialzarsi e ripartire. Infine il saluto dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia e poi quel basco amaranto della Folgore deposto sulla sua bara, un gesto, un simbolo valso mille parole e tutta una vita.


Il dolore


E’ stato per tutti un giorno triste e di separazione fisica da un uomo vulcanico, pieno di interessi e di iniziative, che ha fatto tanto per il suo territorio e che ultimamente aveva anche dato vita, insieme ad alcuni amici, a una associazione di sopravvivenza pronta a realizzare un ponte tibetano sul fiume Tenna, per esercitazioni e prove di coraggio. Ora ai tanti che lo hanno amato serve il coraggio di andare avanti seguendone le tracce lasciate.

 

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Corriere Adriatico