PORTO SANT’ELPIDIO Potrebbe esserci un italiano tra i componenti della banda di tunisini e marocchini protagonisti della mattanza al bar Blasco venerdì sera. È...
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È rimasta accucciata a tremare fino a fine massacro. Ha assistito allo scempio del locale, ha sentito urla, botte, colpi sordi alle pareti, rumore di vetri rotti, ha visto scorrere sangue. Il bar resta chiuso e potrebbero arrivare pure i sigilli. Un’ipotesi da scongiurare, metterebbe a rischio un’attività già in ginocchio perché è stata devastata nella faida. «Non ci ho capito niente ma non è colpa mia, sono una vittima» ripeteva ieri Lello Agresti, il barista, preoccupato di trovare la quadra con l’assicurazione. Proseguono le indagini sulle quali la questura mantiene il più stretto riserbo, ma i cittadini vogliono sapere cosa c’è dietro la spedizione punitiva che è finita con tre giovani marocchini accoltellati. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico