Fermo, la tragedia di Francesco Sono stati donati gli organi

Francesco Paoloni
FERMO - Francesco Paoloni non ce l’ha fatta. Troppo critiche le sue condizioni dopo quel terribile incidente accaduto lunedì sera a Monterubbiano in cui è...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
FERMO - Francesco Paoloni non ce l’ha fatta. Troppo critiche le sue condizioni dopo quel terribile incidente accaduto lunedì sera a Monterubbiano in cui è rimasto coinvolto lunedì sera a Monterubbiano, troppo compromesso il quadro clinico, troppo gravi le lesioni alla testa anche solo per tentare un’operazione chirurgica. La morte cerebrale è stata dichiarata dai sanitari ieri, intorno all’ora di pranzo dopo che i medici, a fronte dei risultati dell’ultima Tac, non hanno dato più alcuna speranza alla famiglia: encefalogramma piatto, nessuna possibilità di miglioramento.


Da quel momento si è aperto un altro durissimo calvario ovvero quello di decidere se procedere o meno all’espianto degli organi. Una decisione difficilissima da prendere per chiunque, in un momento di grandissimo dolore e sconforto.

I familiari di Francesco - i genitori e la compagna - con grande generosità e altruismo, hanno alla fine trovato la forza di dare il via libera alla donazione di alcuni organi, credendo in questo modo anche di rispettare una volontà del giovane, così aperto, socievole e sempre pronto a dare una mano agli altri. 
 
Francesco Paoloni era figlio unico, aveva una bambina di due anni e una compagna, Milena, che è infermiera all’ospedale Augusto Murri e che è stata tra le prime, lunedì sera, a rendersi conto delle gravità delle condizioni. Lavorava alla Comet di Porto San Giorgio ed era molto apprezzato per la sua competenza e la sua innata cordialità. Era attivissimo nel quartiere di Ete Caldarette dove, con la sua famiglia, si dava da fare sempre, ogni volta che c’era da organizzare, preparare, dare una mano. Più semplicemente mettersi al servizio della comunità e cercare, con il proprio piccolo contributo, di far crescere quel senso di comunità e di appartenenza tipico nei piccoli centri.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico