Maria uccisa in casa, i figli: «Ma quale pentimento. Violenza inaudita per 300 euro»

Montegiorgio, Maria uccisa in casa, i figli: «Ma quale pentimento. Violenza inaudita per 300 euro»
MONTEGIORGIO - «Una morte senza senso, una morte che, a due anni di distanza, ancora non riusciamo a spiegare»: parlano i figli di Maria Biancucci, la 79enne rapinata...

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MONTEGIORGIO - «Una morte senza senso, una morte che, a due anni di distanza, ancora non riusciamo a spiegare»: parlano i figli di Maria Biancucci, la 79enne rapinata e uccisa nella sua abitazione ad Alteta di Montegiorgio la sera dell’11 marzo 2018.


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Per il suo omicidio il tribunale di Fermo ha condannato in primo grado con rito abbreviato il 48enne Dante Longo e il nipote 35enne Sebastiano Piras. 30 anni per il primo e 16 per il secondo, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche. 4 anni invece per la 45enne Zlatina Iordanova, compagna di Longo all’epoca dei fatti, che partecipò alla rapina ma non all’omicidio. Una condanna di cui i figli dell’anziana, Pierluigi e Marcello Balestrini, si dichiarano soddisfatti, ma che purtroppo non potrà restituire loro la propria madre. Un delitto efferato che ha segnato per sempre la loro famiglia. «Sono saliti sopra al corpo di nostra madre, rompendole ben 12 costole – spiega Pierluigi – tutta quella violenza contro una persona debole e indifesa com’era lei non aveva proprio senso. E poi Longo frequentava la nostra casa da tre anni e conosceva benissimo le sue condizioni fisiche. E per cosa? per 300 euro». Marcello, che quella tragica notte, rientrando a casa, aveva trovato il corpo esanime di sua madre con mani e piedi legati, non riesce quasi a parlare per la commozione. Racconta di aver cercato, in aula, di non ascoltare certi particolari: troppo penoso per lui, che viveva insieme alla madre e le stava sempre accanto. Difficile anche sentir parlare di scuse e di rimorso. «Non abbiamo mai creduto – raccontano i fratelli – al loro pentimento. Se fosse vero ci sarebbe dovuto essere lì, quella maledetta sera dell’11 marzo di due anni fa, non nell’ultima udienza del processo». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico