FERMO - Dopo quasi 20 anni, il processo per la rapina a mano armata al portavalori del 1995 si avvia verso la chiusura. Si tratta del colpo realizzato da un commando di malviventi...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
L'uomo difeso dagli avvocati Savino Piattoni e Francesco De Minicis è attualmente rinchiuso presso il carcere di Ascoli Piceno per un giudizio definitivo. Per gli altri imputati il pubblico ministero ha chiesto: 10 anni per Olinto Bonalumi, definito il deus ex machina della rapina, la mente di numerosi colpi, come quello alla Ocean eleven alla Banca d'Italia, il cui processo è ancora in corso, difeso dall'avvocato Francesco De Minicis; 8 anni per Benito Ciccola, il vigilantes, presunto basista, difeso dall'avvocato Francesco Nigrisoli, 8 anni per Antonio Scelsi coinvolto nella sola rapina di Falconara. Mentre ha chiesto l'assoluzione per insufficienza di prove, per Gianfranco Sgaramella, accusato di aver partecipato alla rapina all'ufficio postale di Falconara.
Il collegio presieduto dal giudice Ugo Vitali Rosati ha fissato le udienze in cui verranno esposte le arringhe difensive degli avvocati ed emessa la sentenza. Il colpo all'epoca fece molto scalpore e rimbalzò su tutti i media nazionali, per il coinvolgimento di personaggi illustri dell'ambiente malavitoso e per la modalità e i risvolti dell'assalto. Il fatto risale alla mattina del 2 novembre 1995.
Un furgone portavalori, che trasportava tre miliardi di vecchie lire, mentre viaggiava lungo l'autostrada direzione Porto San Giorgio, viene bloccato improvvisamente da un'auto dalla quale escono tre banditi con le armi spianate. Le tre guardie giurate sono costrette a scendere e a consegnare le armi. I banditi allora cominciano a caricare il malloppo, non accorgendosi che uno dei vigilantes aveva nascosto la pistola di ordinanza sotto il sedile. Una volta caricati i sacchi con il bottino milionario nella loro autovettura, ripartono a tutto gas dandosi alla fuga. Si fermano però solo pochi chilometri dopo, nei pressi di Lido Tre Archi. Una volta raggiunti dalle guardie giurate che non dandosi per vinti li avevano inseguiti, nasce un vero e proprio conflitto a fuoco, qui Danilo Ercoli, il più giovane dei banditi e l'unico incensurato, resta ucciso. Gli altri nomi della banda, emergono casualmente nel corso delle indagini per la strage di Sambucheto, grazie alle cimici piazzate all'interno dell'abitazione del "mastino", Gianfranco Schiavo.
Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico