Camerieri e lavapiatti introvabili, allarme nei ristoranti: «A rischio la stagione della ripartenza»

Camerieri e lavapiatti introvabili, allarme nei ristoranti: «A rischio la stagione della ripartenza»
FERMO - Camerieri e lavapiatti sono spariti dalla circolazione. Nessuno vuol più fare questi mestieri e così alberghi e ristoranti rischiano di non aprire...

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FERMO - Camerieri e lavapiatti sono spariti dalla circolazione. Nessuno vuol più fare questi mestieri e così alberghi e ristoranti rischiano di non aprire perché manca la forza lavoro. La pensione della nonna e la paghetta anche a nipoti quarantenni, i contributi arrivati con la pandemia, che falsano il mercato, la mancanza di prospettive e il sacrificio sparito dal vocabolario sono i macigni che si abbattono sull’estate del rilancio.

 

La stagione della ripartenza parte col freno tirato perché le strutture ricettive sono a corto di personale. Manca l’interesse ai lavori stagionali. Tutto è cambiato rispetto al periodo prepandemico. Sono scomparsi i cercatori di lavoro estivo, quelli disposti a sgobbare 11 ore di fila per farsi il tesoretto da spendere per l’università o la vacanza. Siamo passati in pochi anni dalla domanda di lavoro inevasa all’offerta di lavoro che resta senza risposta.


«La situazione è disperata, ci sono colleghi che rischiano di non aprire per mancanza di personale - dice Guido Tassotti, titolare dell’hotel Astoria di Fermo e presidente delle Associazioni Cuochi Riuniti -: sono pieno di richieste di associati in cerca di personale da inserire in sala o in cucina. Non si trovano le persone interessate e posso capirlo. Il nostro settore non conosce feste né orari e nessuno è più disposto a fare sacrifici. Manca la prospettiva sul futuro e il cameriere, come il pescatore o il bracciante agricolo non sono mestieri appetibili. Quando cominciai nel ’73, d’estate lavoravo dalle 6 alle 23 a orario continuato. Venivo sfruttato, non lo nego, ma imparavo il mestiere e pensavo sarei stato io il datore di lavoro un bel giorno. Oggi per i ragazzi questa prospettiva non c’è. Mio figlio ha 20 anni e non potrebbe comprarsi nemmeno la porta dell’albergo, anche facendo i sacrifici che ho fatto io. Il lavoro è poco edificante, si fatica per una vita grama e piena di incertezze. La scuola, poi, non aiuta. Lo dico con dispiacere ma è così. Questo mestiere lo s’impara facendolo, come si apprende senza la pratica?».


Piero De Santis è titolare di due strutture a Porto Sant’Elpidio tra hotel-ristorante il Gambero e chalet. «La questione è complessa» attacca il ristoratore, che è anche il referente in Confartigianato Fermo per la categoria. «Escono pochi ragazzi da scuola rispetto alla necessità perché c’è una richiesta immensa - continua De Santis -: la stagione promette bene ma la società è cambiata rispetto a 10 o 20 anni fa. Prima c’era la fila di giovani con la voglia di fare esperienza, adesso ne sono pochissimi. La parola sacrificio è scomparsa dal vocabolario ma io voglio crederci e sto ripartendo dai giovanissimi».


«Sto inserendo - riprende - ragazzi di 16 e 17 anni in azienda, li aiuto a capire cos’è il lavoro, è sacrificio ma è anche un valido modo per crescere e diventare grandi. L’esperienza in albergo, in ristorante aiuta a stare nella società, è un valore aggiunto utile per la vita». Gianluca Vecchi, presidente del distretto turistico e dell’associazione turistico alberghiera della Provincia di Fermo, rimarca: «Il problema esiste eccome! Quali possono essere le cause non lo sappiamo ma è cambiata la società, avranno influito i contributi Covid per cui, anziché sacrificarsi, si tira a campare, si vivacchia. Gli stagionali non ci sono più. In passato c’era talmente tanta richiesta che facevamo le selezioni e si sceglievano i migliori in base alla formazione e alle capacità. Adesso non abbiamo nemmeno i candidati».

 

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Corriere Adriatico