Famiglie in difficoltà, richieste record alla mensa dei poveri. Il presidente: «Qui tanti volti mai visti»

Famiglie in difficoltà, richieste record alla mensa dei poveri. Il presidente: «Qui tanti volti mai visti»
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FERMO - Così tanti pasti al giorno la cucina del Ponte, forse, non li aveva mai sfornati. Novanta, da quando agli utenti abituali di via Da Palestrina si sono aggiunti i profughi ucraini. «Per noi è un record», dice Silvano Gallucci. Il presidente dell’associazione fa il punto. E parla di «un risveglio delle nostre povertà a cui si somma l’emergenza della guerra». Feste di Pasqua, insomma, nel segno dell’incertezza.

 
Fino a poche settimane fa, i pasti giornalieri consegnati erano una sessantina, a cui si aggiungevano un centinano di borse alimentare distribuite a settimana. Adesso, i numeri sono lievitati e le buste con pasta, zucchero e prodotti in scatola e barattoli arrivano a 130 a settimana. «È una catena: agli utenti che abbiamo imparato a conoscere, ora, se ne sono aggiunti altri che, con i rincari, non riescono più a farcela da soli e i profughi ucraini, di cui ci stiamo occupando pienamente dall’inizio della fase emergenziale», spiega Gallucci. Quando hai poco, ma quel poco è sicuro – il ragionamento –, ti adatti e provi a farcela. Ma, quando anche quel poco è incerto, saltano tutti i programmi e chi già era in difficoltà rischia affondare. La mensa è ancora chiusa per il Covid, «perché non ci sono le condizioni per riaprirla».

Ma, oltre che per ricevere un pasto caldo, al Ponte si va anche per prendere vestiti per cambiarsi e un paio di scarpe. In questo periodo, a presentarsi sono soprattutto i profughi accolti dalla famiglie fermane e quelli ricongiunti coi familiari che già vivevano qui. Sono loro ad accompagnarli e a fare da tramite per superare l’ostacolo della lingua. Spesso, ci sono anche i bambini. «Provano vestiti e scarpe e prendono solo quello che è strettamente necessario», fa sapere Gallucci. Che si aspetta numeri ancora in crescita. E che invita chi può a fare la sua parte, avvicinandosi all’associazione come volontario o donando vestiti e cibo. «Non diciamo di no a nessuno e non lesiniamo gli sforzi, ma è un carico che tutta la collettività dovrebbe sostenere, come già sta facendo», dice il presidente del Ponte.



«Ben vengano gli slanci iniziali – prosegue –, perché aiutano a risvegliare le coscienze. Ma è importante che, poi, le coscienze non si assopiscano e si ricordino che ci sono attività impegnate 365 giorni l’anno e che, se vogliamo una società più equa, persone che possono devono dare e altre ricevere». Si muove in questa direzione la rete, «da rafforzare», che unisce Il Ponte, Servizi sociali di Fermo e Porto San Giorgio, Ambito sociale 19, Caritas, Protezione Civile e Croce Rossa, perché «da soli non si va da nessuna parte». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico