Fermo, giallo sulla ritrattazione Per avvocati e Procura tutto falso

Fermo, giallo sulla ritrattazione Per avvocati e Procura tutto falso
FERMO Chinyery, la vedova di Emmanuel Chidi, non ha cambiato (almeno per ora) versione. La notizia di una ritrattazione della vedova dinanzi agli inquirenti ha preso corpo nel...

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FERMO Chinyery, la vedova di Emmanuel Chidi, non ha cambiato (almeno per ora) versione. La notizia di una ritrattazione della vedova dinanzi agli inquirenti ha preso corpo nel pomeriggio di ieri, quando diversi siti l’hanno rilanciata parlando di nuovo racconto della nigeriana. «A scagliare quel segnale è stato Emmanuel e non Mancini», è quello che si attribuisce a Chinyery. 


«La notizia è falsa», ha chiarito il procuratore della Repubblica Domenico Seccia. Che poi ha aggiunto che «non c’è stato alcun nuovo ascolto» della donna e dunque l’ultima versione ufficiale che è in mano alla Procura di Fermo è quella contenuta nel verbale del 7 luglio scorso. La solita, quella dell’insulto e del pestaggio subito anche a colpi di segnale stradale. Anche i legali che assistono la Fondazione Caritas in veritate di don Vinicio Albanesi e di conseguenza la vedova di Emmanuel hanno smentito categoricamente nuove versioni. «Chinyery non ha mai cambiato idea, non ha mai smentito le circostanze già raccontate dinanzi agli inquirenti. Avanti di questo passo, con questa gogna mediatica, si sta ammazzando anche lei», ha affermato l’avvocato Letizia Astorri. Don Vinicio Albanesi, che nei giorni scorsi non si è mai sottratto alle telecamere, stavolta ha girato al largo dai giornalisti: «Sono in lutto - le sue uniche parole - e in silenzio stampa». Il cambio di versione della vedova smentito ufficialmente dagli inquirenti e dagli avvocati è diventato quindi un mistero mediatico. 


Quello che è invece certo è che la versione contenuta nella denuncia presentata da Chinyery nella serata del 5 luglio in commissariato e confermata con forza due giorni dopo, vacilla. Se l’insulto razzista («Scimmia») è il punto di partenza della lite, ammesso anche dallo stesso Mancini, tutto il resto del racconto non coincide né con quello dell’indagato né con quello di ben altri sei testimoni, quattro donne e due vigili urbani, ritenuti «attendibili» dalla Procura. I testimoni raccontano che nel corso della colluttazione tra Mancini ed Emmanuel (quest’ultimo intervenuto per difendere la sua donna dall’offesa subita), a lanciare il segnale stradale di 15 chili per 60 centimetri di diametro è il nigeriano e non l’ultrà fermano. Un lancio violento che colpisce Mancini alle gambe e lo fa cadere. Per la Procura, a questo punto, Emmanuel e Chinyery provano ad andarsene e Mancini li raggiunge e colpisce con un pugno l’uomo atterrandolo. Per la difesa, invece, Emmanuel e Mancini stanno invece ancora nel pieno della colluttazione quando parte il pugno mortale. Ma c’è un’ulteriore clamorosa novità che emerge dai verbali continuti nei fascioli della Procura: Chinyery ha un ruolo attivo nella lite. Non solo tira le scarpe in testa a Mancini, si dimena, urla. Ma arriva a bloccare con forza l’amico dell’ultrà che voleva sedare la lite, addirittura strappandogli la maglietta. Lei, Chinyery, nel suo racconto, dice invece che l’amico di Mancini partecipa alla lite. Ma anche su questo punto la smentiscono tutti. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico