FERMO - Doveva aprirsi ieri il processo dell'ultimo filone del procedimento scaturito dalla maxi inchiesta condotta dai carabinieri di Fermo che aveva portato alla luce...
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Gli imputati sono 11 e dovranno rispondere davanti al giudice dei reati di consumo e commercializzazione di farmaci dopanti. Altri cinque hanno patteggiato precedentemente in fase preliminare, mentre il fulcro dell'organizzazione è deceduto: si tratta di un infermiere in pensione che faceva da tramite tra la struttura ospedaliera e le società sportive. Erano finite nel mirino della Procura anche due infermiere del reparto di Malattie infettive che proprio nei giorni scorsi sono state dichiarate innocenti dall'accusa di peculato.
La vicenda all'epoca fece molto scalpore perché puntò nuovamente i riflettori sulla sanità. L'inchiesta sul doping si era messa in moto dopo alcune segnalazioni arrivate da sportivi di atletica leggera e, in particolare, dalle dichiarazioni di un fondista squalificato a vita per Epo che aveva parlato di contatti a Fermo per i rifornimenti. Si tratta del maratoneta toscano Roberto Barbi, incappato nel doping durante i Mondiali di Edmonton e anche lui fra gli indagati. L'indagine nella prima fase era stata coordinata dal sostituto procuratore Daniela Chimienti, poi il fascicolo è passato in mano al pm Luigi Ortenzi.
E' stato, di fatto lui a chiudere le indagini. Durante gli interrogatori molti degli indagati avevano rimarcato il ruolo strategico svolto da un infermiere in pensione, che faceva da tramite con le società sportive. Le accuse sono state valutate con la massima attenzione, considerando il fatto che l'infermiere non era più in grado di difendersi in quanto deceduto. Un giro complesso, quello scoperto dai carabinieri del Reparto antidoping dei Nas. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico