FERMO - Il settore moda pressa il Governo per poter riaprire lunedì. Uno spiraglio per il settore calzaturiero, dei cappelli, per l’indotto dei due comparti ma anche...
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Secondo le stime, ogni giorno di chiusura del distretto calzaturiero fermano-maceratese (calzaturifici più indotto) il fatturato perso è di 12-15 milioni di euro. «La riattivazione di tutta la filiera, in particolare quella a valle, e mi riferisco ai negozi, sarebbe molto più efficace» commenta Valentino Fenni, presidente sezione calzature Confindustria Centro Adriatico. «I primi giorni serviranno per riavviare i motori dell’azienda, fare il punto della situazione per poi lavorare sui campionari. Chi ha invece delle commesse, in particolare le aziende che svolgono attività di conto terzi per grandi gruppi, potrebbe concentrarsi fin da subito sulla produzione».
Tra l’altro in questi giorni, con la riapertura dei negozi di abbigliamento per bambini consentita da lunedì scorso, si era creata una situazione di disallineamento della filiera. Nel caso l’esercente riuscisse a svuotare tutto il negozio incontrerebbe difficoltà a rifornirsi visto che la produzione è ferma. Al massimo i fornitori potrebbero spedire solo la merce giacente nel proprio magazzino. Un discorso che vale anche per le calzature, considerato che quasi tutti i negozi di kidswear vendono anche le scarpine. «È una incongruenza. Se il negozio termina le scarpe a disposizione e i fornitori abituali non ne hanno è costretto a rivolgersi altrove e magari anche all’estero, visto che in qualche Paese si produce ancora» osserva Cristiano Ferracuti del calzaturificio Missouri di Monte Urano, specializzato nella produzione di calzature da bambino. «Si è parlato sempre di apertura e chiusura della filiera nel suo complesso ma in questo caso il concetto non è stato applicato. Speriamo di poter riaprire presto perché le aziende hanno bisogno di produrre» termina l’imprenditore monturanese.
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Corriere Adriatico