Un vaccino seppellirà l'implacabile influenza

Un vaccino seppellirà l'implacabile influenza
Puntuale come un treno non italiano, anche questo ottobre si è...

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Puntuale come un treno non italiano, anche questo ottobre si è manifestata. Pronta a dare il meglio di sé fra un paio di mesi. Una e trina stavolta, dicono. Deve essersi montata la testa. Altrettanto puntuali, i medici l’hanno accolta a pallettoni. Indicata come la Grande Nemica esibendo preoccupanti (e reali, sia chiaro) statistiche, invitando la popolazione a mettersi al riparo. I pallettoni degli economisti seguiranno (la Grande Nemica corrode anche il Pil). Se ancora non sono stati sparati, è perché noi giornalisti tali studiosi non abbiamo interpellato, pazientino, verrà il loro turno. Tutti a fucili spianati contro di lei. L’influenza. E se uno ha il gusto del paradosso e pure una passionaccia per il ruolo del bastian contrario non può resistere a tentarne una difesa, anzi un elogio. L’influenza fornisce giustificazione inoppugnabile per concedersi una breve pausa dalla quotidianità trafelata. Una parentesi sonnolenta e, vivaddio, improduttiva. Ti metti a letto e ti godi il contrasto fra il calore delle tre coperte pesantissime e dei tre pesantissimi golf e i brividi freddi del febbrone. T’addormenti e al risveglio credi siano trascorse ore, invece l’orologio è andato avanti di venti minuti. Il tempo ti ha aspettato: non lo fa mai. Apri un libro, ne leggi cento pagine, e solo allora realizzi di non averne capito una sola riga, e non te ne importa niente perché con l’influenza niente importa, rivivaddio. Accendi la tv, becchi una commedia italiana di quelle recenti e ti sorprendi a ridere e ridere, rigorosamente fuori sync, ma se ci stessi con la testa sai bene che sorrideresti un paio di volte al massimo e l’altre innumerevoli presunte gag ti provocherebbero accessi d’ira funesta. E poi arriva il momento del brodino quasi acqua con la pastina quasi scotta e il formaggino sciolto. Una sbobba che se ci pensi mentre godi di perfetta salute il conato di vomito è a un passo. Ma con l’influenza quel brodino è perfetto: il gusto non disgusta (o non più di quanto farebbe il cavallo di battaglia d’un cuoco sublime), ed è caldo, e altro non desideri che ingollare una cospicua razione di gradi centigradi. L’influenza è un bagno d’umiltà pagato a prezzo più che ragionevole. Parliamoci schietto. Ognuno di noi si considera indistruttibile e indispensabile. Poi incocci in un virus tutto sommato di basso rango e ti ritrovi al tappeto come t’avesse investito una gragnuola di ganci di Mike Tyson. Annientato: col naso gocciolante no stop che da solo consuma dieci pacchi giganti di fazzolettini, dolori sparsi per tutto il corpo, la fronte infuocata buona per cuocerci anche una fiorentina da due kg, la respirazione sibilante, la voce cavernosa, al confronto Tom Waits potrebbe essere scambiato per una cantore dell’Antoniano. E verifichi che la famiglia senza il tuo contributo se la cava uguale, e al lavoro un rimpiazzo lo trovano, e la compagnia dell’apericena si riunisce lo stesso, qualcuno forse notando la tua assenza, per un attimo, poi via con la raffica delle solite battute, e la masticazione lupesca A proposito d’apericena e affini. Lo stop provocato dall’influenza può servire a riflettere un po’ sulla propria vita, e operare qualche messa a punto. È davvero piacevole stipar d’appuntamenti il tempo libero? Ha senso mangiare ogni martedì a casa degli Alcmeni? Giocare a calcetto tutti i giovedì fra panze e fiatoni? Svegliarsi presto ogni sabato per il footing con Teofrasto? E con Drusilla - due ore il lunedì tre il venerdì con la ordinaria scusa degli straordinari, se sposati - è ancora fuoco o soltanto svogliata palestra? Non è insomma allettante l’idea di rifilare una sòla di quando in quando a questi e quello, con Drusilla si vedrà, può darsi tronchi lei? E starsene per conto proprio a far qualcosa di diverso, seguendo l’ispirazione del momento, magari a far niente di niente? Non c’è discussione dai, ogni obiezione non regge. Una sana influenza fa solo che bene, molto. Mica tutti gli anni: ogni quadriennio per esempio, come i Mondiali. A patto di potersela permettere, ovvio. Di non soffrire di patologie serie e di non dover ricorrere a una torta nuziale per piazzar tutte le candeline. In caso contrario: vaccino, punto. Mica voglio avervi sulla coscienza.


*Opinionista e critico cinematografico Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico