OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Ursula von der Leyen l’ha detto testualmente: la proposta di regolamentazione per l’uso dei pesticidi nei Paesi dell’Unione Europea sarà ritirata perché ritenuta simbolo della «polarizzazione» che ha assunto alla luce delle proteste del mondo agricolo. La polarizzazione è un male tipico della nostra epoca, patologia degenerativa incubata in un ambiente che è stato rinchiuso in app e social, dopo essere nato libero come un reticolo dagli infiniti meandri. Ma questo è un altro problema. Il tema più attuale è che la polarizzazione investe, invece, la sostenibilità, progetto cardine per garantire futuro alle prossime generazioni, in un triangolo che comprende, tra l’altro e nel caso specifico, Ue, Green Deal e Agricoltura. Le proteste degli agricoltori sono ben note, anche i motivi che le hanno generate. Il reddito basso determinato da un aumento spaventoso delle spese a fronte di ricavi che si assottigliano sempre più a causa delle distorsioni della filiera, in cui convivono fasce di intermediari la cui influenza è determinante; la tassazione eccessiva, anche alla luce degli investimenti che il settore ha richiesto; la gestione della terra che non si intende delegare come ad esempio nel cosiddetto set aside, la porzione di campo da lasciare incolta per la rotazione. Il risultato è che il mondo dell’agricoltura rischia il tracollo. Anche perché come è stato fatto notare in questi giorni i risultati non sempre sono quelli previsti: non coltivare una porzione di terreno fa sì che l’imprenditore agricolo debba sfruttare in maniera più intensiva il campo che può coltivare. Magari con l’uso di prodotti chimici. Ecco la questione dei pesticidi: tra i motivi di contrasto, di polarizzazione, tra agricoltori e Commissione europea, c’è anche l’uso dei fertilizzanti chimici nella terra. Ora, non c’è chi non veda che gli agricoltori non sono soli in questa opposizione: la lobby del chimico, specie in Germania, che ha un’industria fiorente nel settore, è molto forte e, legittimamente, si impegna per i propri interessi. Interessi che sono anche quelli del cittadino-consumatore e dell’imprenditore agricolo che ha scelto il biologico? La proposta di ridurre, rispetto all’utilizzazione media del periodo 2013-2017, del 50%, e per quelli più pericolosi del 65%, l’uso dei prodotti fitosanitari chimici, risale al 2022 ed era già stata bocciata dal Parlamento Europeo nel novembre del 2023 (per la cronaca con 121 astenuti). Da qui la proposta di riduzione al 50% rispetto al periodo 2015-2017, che è quella al momento congelata. C’è già qualche politico che è saltato sul carro per dire che è una propria vittoria, ma questo non deve né stupire né scandalizzare. Deve essere letto, però. E, a risalire il filo del dibattito europeo sull’argomento, si scopre che l’opposizione non aveva alcun rapporto con le proteste degli agricoltori, allora soltanto in nuce. Dove punta, dunque, questa riflessione? Non deve essere messo in discussione il felice matrimonio tra agricoltura e ambiente, di cui le Marche da questo punto di vista sono un esempio virtuoso, anche grazie a una politica avviata una trentina di anni fa, dal mai citato, ma fondamentale, allora assessore Marco Moruzzi dei Verdi. È vero che l’agricoltore è il primo custode dell’ambiente, ma è altrettanto vero che anche gli ambientalisti sono contadini, se appena si prova a ricordare le felici parole di Carlo Levi, sulla divisione, in Italia, tra una parte che si impegna nel quotidiano con il proprio lavoro per un mondo migliore che possa essere trasmesso alle future generazioni, i “contadini” appunto, e una parte che depreda e sfrutta le ricchezze prodotte dagli altri, i “luigini”.
* Caporedattore del Corriere Adriatico
Leggi l'articolo completo suCorriere Adriatico