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Di recente gli opposti schieramenti politici hanno incrociato le loro armi propagandistiche sulla questione della devianza. Si è subito capito come il tema non fosse granché chiaro agli opposti contendenti, anche perché si è sbrigativamente trovato un modo per svelenirne la portata, palesandosi il fatto che ciò che era devianza per uno schieramento, sconfinava nella normalità per l’altro.
Alcuni tweet polemici condannavano il tentativo di combattere le devianze allo scopo di crescere nuove generazioni di italiani sani e determinati, paventando il ritorno di un nuovo stato etico; alcuni altri di tenore opposto criticavano l’auspicata condivisione di fattori di liberazione soggettiva a fronte delle pressioni conformizzanti della struttura sociale. Insomma, alcuni leader di partito si sono disinvoltamente avventurati per una delle più insidiose slippery slope (china scivolosa) sociologiche. Che comportamento rubricati come devianti siano poi stati progressivamente assorbiti nel canone del processo di soggettivazione lo sapiamo tutti, come le sub culture di varia espressione hanno finito per esprimere il nerbo di quello stesso sistema culturale che le accolse con lo stigma e con esplicite strategie di inferiorizzazione.
E’ assai arduo stabilire ciò che è deviante a livello di appartenenze culturali diffuse, mentre è sempre efficace la scorciatoia della rendicontazione sanitaria degli effetti della deviazione da un certo canone di comportamento. Il concetto di devianza non è immediatamente evidente e richiede una serie di specificazioni perché riguarda un ampio spettro di comportamenti o di orientamenti di azione di individui accomunati dal fatto di essere caratterizzati da violazioni o rifiuto di norme o regole vigenti in una cultura, all’interno di una struttura sociale data. Si tratta di norme e regole che hanno statuti ben diversi, da quelle giuridiche a quelle sociali passando per quelle propriamente culturali o riguardanti l’ambito della condotta morale e della giusta interpretazione degli stili di vita, la quale appare oggi difficilmente decidibile proprio per la fortissima soggettivazione dei corsi di azione i quali, tendenzialmente, configurano un individuo solo e confrontato con i propri esclusivi interessi e non costruito da una rete di aspettative incrociate che lo determinano all’interno di spinte e di contro-spinte poste in essere dalle deterrenze etiche o assiologiche.
Il tema della devianza è strettamente legato alla difficoltà interdisciplinare di tracciarne, non solo le invarianti fenomeniche - utili per costituire un punto di partenza per l’intervento sociale atto a mitigarne gli effetti – ma soprattutto le traiettorie di trasformazione che i fenomeni devianti finiscono per assumere tra vecchi disagi ed inedite forme di dissolvimento biografico del legame sociale e di scioglimento delle esistenze individuali dal nucleo valoriale di riferimento. Insomma, anche se spesso non sono percepiti come devianza, i fenomeni di sfondo cui rinviano molti comportamenti borderline riguardano lo strutturarsi di una profonda crisi normativa a diversi livelli del rapporto individuo/società che, di fatto, rende impossibile distinguere tra norma e deviazione da essa, nel riverbero accecante dell’ipersoggettivazione anomica delle traiettorie di senso scelte e revocate insistentemente dal singolo individuo. Per riflettere sulle condizioni che legano il sistema sociale al singolo individuo, all’insegna di una crescente problematicità nell’interpretazione delle condotte, l filosofo Umberto Galimberti parlando dei nuovi vizi del tempo presente, concentrò la sua attenzione sul concetto di spudoratezza, non intendendo tematizzarne gli scenari sessuali, ma per rilevare “il crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l’interiorità dall’esteriorità, la parte discreta ed intima di ciascuno di noi dalla sua esposizione e pubblicizzazione” inopinate. La condizione tardo-moderna espone tutti noi a queste forme che finiscono per riguardare soprattutto l’universo giovanile, ma non ci sono stati comizi elettorali in cui il tema della devianza abbia riguardato il suo scaturire da tali (e diverse altre) strutture sociali che siamo soliti definire come normali. I politici preferiscono puntare su epifenomeni che lateralizzando l’interrogativo sulle loro competenze, sollevano inutili polveroni destinati a celare la superficialità nell’affrontare questioni delicate, perdonata rapidamente dalle loro devote tifoserie.
* Sociologo della devianza e del mutamento sociale
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Corriere Adriatico