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In tempo di guerra, con la tragedia umanitaria in corso e milioni di bambini sfollati, con il pianeta in bilico tra una tregua e l’allargamento del conflitto, parlare di natura e sviluppo sostenibile appare fuori luogo. Ma la guerra oltre ad avere impatti devastanti su popolazioni, culture ed economie, può avere un impatto enorme sulla Natura e sulle popolazioni di animali selvatici in tutto il mondo. Gli animali selvatici possono essere mangiati dai soldati o uccisi e venduti come pellicce per finanziare operazioni. La guerra crea povertà e spesso toglie tutte le risorse primarie, cibo incluso, alla popolazione locale, facendo sì che le comunità si rivolgano al bracconaggio e al commercio di carne di animali selvatici. Un gran numero di persone in fuga dal paese invaso, attraversa boschi e habitat naturali per evitare di essere scoperti e nel tragitto uccidono per mangiare. Vengono usate pistole, mine o prodotti chimici che sono abbondanti nei conflitti. A questo impatto si aggiunge l’effetto diretto delle esplosioni sugli animali, dell’inquinamento chimico e della distruzione di habitat. Sono numerose le segnalazioni anche di animali traumatizzati e affamati nello zoo ucraino di Kiev durante l’invasione russa. Qui gli animali sono scioccati dalle esplosioni, non vengono più curati e soffrono la fame. Sembra bizzarro preoccuparci di questo in mezzo a tanta sofferenza umana, ma abbiamo una responsabilità anche nei confronti degli animali, specialmente durante la guerra. E non solo: la Russia avrebbe, secondo le notizie delle ultime ore, iniziato il disboscamento massivo delle foreste ucraine. Il legno sarebbe venduto per finanziare la guerra. Tutte preziose foreste nei territori occupati, candidate a essere parte del patrimonio Unesco, sono ad alto rischio. La guerra ha un impatto non meno rilevante sullo sviluppo sostenibile. Lo vediamo in questi giorni: è come se si facesse un salto indietro nel tempo. Come un buco nero, la guerra risucchia risorse che erano state programmate per il benessere e la prosperità, per il rilancio economico dopo due anni di pandemia. La guerra rischia di allontanarci anche dagli obiettivi delle Nazioni Unite, facendoci dimenticare le azioni in corso per le politiche ambientali e correre alla riapertura delle centrali a carbone e alla corsa al metano i cui prezzi sono saliti alle stelle. Il rischio è quello di sospendere per anni e ritardare ulteriormente il raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica. A dire il vero, anche in epoca di pace come quella degli ultimi 10 anni, il nostro Paese è rimasto, di fatto, fermo rispetto alla crescita delle energie rinnovabili e ha fatto poco per la conversione delle esistenti verso un uso più ecocompatibile. Senza contare che abbiamo fatto poco o nulla anche per il risparmio energetico che invece potrebbe dare una grande mano al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Molte guerre nascono dalla necessità di accaparrarsi le risorse minerarie ed energetiche, che poi vengono esportate. L’autonomia energetica del nostro Paese è possibile solo con lo sviluppo di energie rinnovabili: eolico e solare in primo luogo.
* Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine
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