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Ci voleva il calcio per relegare il Covid a notizia interna dei telegiornali, e per espellerlo addirittura, giusto qualche giorno eh, dalle conversazioni distanziate e mascherate sorseggiando un caffè asportato. E allora ringraziamo i rappresentanti di Juve e Real, di Manchester City e United, di Inter e Milan e Chelsea e degli altri club, dodici in tutto, che ci hanno distratto dalla pandemia con la mirabolante rivoluzione della SuperLega fatta e disfatta nel giro di settandue ore appena. E ci sia consentito permanere per qualche minuto ancora in questo stato di normalità illusoria e proporre qualche sintetica riflessione su quanto accaduto nei tre giorni convulsi. Ché il calcio, in ogni caso, è cosa seria, fenomeno socialmente rilevante. La SuperLega, affondata prima di lasciare il porto, meno. D’ora in avanti la chiameremo SuperSòla, via. Suona giusto. 1) «Abbiamo stretto un patto di sangue», scandì solenne Andrea Agnelli, vicecapo dei super-sòlìsti. Dove si dimostra che misurare le parole è sempre cosa buona e saggia. Manco il tempo di finire la frase, e si registravano le prime defezioni. Ora, un accordo appena raggiunto può anche rompersi, tanto più in presenza di fortissime spinte contrarie: le proteste dei tifosi, le prese di posizione dei governi, il britannico in primis. Ma se ad andare in frantumi e alla velocità della luce è nientemeno che un patto di sangue, un osservatore emotivamente poco coinvolto si ritroverà piegato in due da risate irrefrenabili. Devo ancora raddrizzarmi. 2) Il progetto SuperSòla ha indignato, fra i tanti, i colleghi de L’Équipe. Se ne sono usciti titolando: «La guerra dei ricchi». Non benissimo. I dodici son pieni di debiti, fino al collo e oltre, il rosso del Barcellona ammonta a un miliardo, roba da portare i libri in tribunale e ricominciare dai dilettanti. Mi permetto di scriverlo io, il titolo corretto: «La guerra dei ricchi con le pezze al didietro». Questa la realtà: un purissimo ossimoro. 3) Nelle intenzioni dei promotori, la SuperSòla era stata concepita per «salvare il calcio». Si tranquillizzino, i generosi incompresi. Il calcio è molto più grande di ogni singolo club. E anche di tutti e dodici loro messi insieme. Ogni attore è rimpiazzabile, per tacere del fatto che i tifosi non cambiano bandiera neppure in tempo di vacche magrissime. Il Milan riempiva San Siro anche quando sfidava la Cavese in Serie B. Poi è tornato su e ha vinto quel che ha vinto. 4) Il super mega iper torneo nato fra gli squilli delle trombe, e tre giorni più tardi deceduto tra le fragorose pernacchie, manifestamente ricalcava il modello Nba. E allora ti chiedi: ma quanto siamo (diventati?) provinciali noi europei? Lo sport all’americana è perfetto per gli americani. Da noi le cose funzionano altrimenti. Cambiare, va benissimo, per carità, la vita è cambiamento. Ma cambiare scopiazzando gli altri rinnegando d’un punto tutta la propria tradizione, che tristezza, che squallore. 5) Che i superlegaioli mancati siano abbacchiati è comprensibile: JP Morgan aveva garantito loro un malloppone ed è svanito.
*Opinionista e critico cinematografica
Corriere Adriatico