OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
È noto che un aspetto rilevante del Pnrr è costituito dalle riforme oltre che dalla spesa. Si potrebbe anzi sostenere che le riforme sono più importanti della spesa poiché quest’ultima è destinata ad esaurire i suoi effetti nei prossimi anni mentre le riforme, se efficaci, possono garantire effetti duraturi sull’economia e sulla società del nostro paese. In questi giorni l’attenzione è polarizzata sulla riforma del sistema giudiziario. Vi è un altro ambito delle riforme cui il governo sta lavorando e che non è meno rilevante di quello della giustizia; si tratta delle riforme in tema di concorrenza e liberalizzazioni. La sensibilità per il corretto funzionamento dei mercati e della concorrenza è debole nel nostro paese, mentre sono diffusi gli atteggiamenti di indulgenza, quando non di aperta difesa, delle situazioni di monopolio e di rendita. Non è un caso che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (generalmente indicata come antitrust) è stata istituita nel nostro paese nel 1990, esattamente un secolo dopo la prima normativa antitrust degli Usa che è del 1890. La concorrenza induce le imprese ad essere più produttive e innovative, favorisce una migliore allocazione delle risorse tra le attività economiche e consente alle imprese più innovative ed efficienti di entrare nel mercato e crescere. Chi difende situazioni di monopolio e di rendita paventa disastri occupazioni e di sicurezza per i consumatori derivanti dai processi di liberalizzazione. È ciò che sostenevano le compagnie aree quando è iniziato negli Usa il processo di liberalizzazione del trasporto passeggeri negli anni ’70 del secolo scorso. Per fortuna il processo è andato avanti ed è stato attuato con decisione anche nella Ue, con una rilevante riduzione delle tariffe, un incremento dell’offerta a disposizione degli utenti e una considerevole espansione dell’occupazione. Non vi è stata nessuna conseguenza sulla sicurezza, che non dipende dalla quantità di imprese o dall’intensità della concorrenza ma dalle regole fissate del legislatore per l’ingresso in un settore e dell’efficacia dei controlli. Nel nostro paese le situazioni di privilegio e di rendita abbondano e la nostra Autorità antitrust ha più volte sollecitato Governo e Parlamento a rimuovere le barriere amministrative presenti in molti settori produttivi. Il settore manifatturiero è quello in cui si registrano meno problemi poiché maggiormente esposto alla concorrenza interna ed internazionale. Al contrario del settore dei servizi pubblici e privati nei quali si evidenziano i ritardi più significativi e le maggiori perdite in termini di produttività e dinamica innovativa. Un recente lavoro di alcuni ricercatori di Banca d’Italia stima che la rimozione delle barriere amministrative nei settori non manifatturieri indurrebbe un aumento della produttività superiore al 25%. Non è un caso che l’Italia viene collocata al cinquantesimo posto nella classifica “Doing Business” stilata dalla Banca Mondiale e al ventiseiesimo posto sui ventisette stati membri dell’Ue.
*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni
Leggi l'articolo completo suCorriere Adriatico