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È stato più volte ricordato che la caduta del Pil registrata nel 2020 a causa della pandemia (-9%) è la più rilevante dal dopoguerra; decisamente maggiore rispetto a quella registrata nel 2009. Tuttavia, le conseguenze sul sistema economico italiano e regionale sembrano essere decisamente meno rilevanti della crisi del 2009. La differenza è dovuta soprattutto alla diversa reazione della Ue e dei governi nazionali in termini di politiche monetarie e fiscali. Dopo la crisi del 2009 il mantenimento del patto di stabilità e il conseguente contenimento della spesa pubblica hanno determinato per il nostro paese una lunga fase di crescita lenta quando non di recessione. La situazione attuale è molto diversa. La risposta della Ue e dei governi nazionali è stata particolarmente vigorosa, sia in termini di politiche monetarie sia, soprattutto, in termini di politiche fiscali. Il risultato è stato il notevole rimbalzo in termini di crescita che stiamo sperimentando in questi mesi e che dovrebbe consentirci di recuperare la perdita del 2020 in tempi rapidi. Una caratteristica della crisi del 2020 è stata la diversità di impatto fra i settori dell’economia e anche fra le imprese all’interno dello stesso settore. Queste differenze rischiano di non essere annullate dalla fase di ripresa anche a causa della velocità e della profondità delle trasformazioni che ad essa si accompagnano. Vi è crescente consapevolezza e consenso sulla necessità di accelerare la transizione ecologica; resa possibile anche grazie alla rapida diffusione delle tecnologie digitali. Il Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (Pnrr) destina gran parte delle risorse alla transizione ecologica e alla transizione digitale. Limitandosi ai processi di digitalizzazione del sistema produttivo, una delle componenti della missione 1, nel Pnrr sono previsti quasi 24 miliardi di euro da spendere nei prossimi anni. La logica di allocazione di tali risorse è simile a quella utilizzata per il piano Impresa 4.0, già in atto da diversi anni, il quale prevede una serie di incentivi fiscali e finanziari volti a favorire l’adozione delle tecnologie digitali. E’ una logica di politica industriale di tipo orizzontale, tendente cioè a sostenere le imprese indipendentemente dal settore di appartenenza e dalla dimensione. Ciò è giustificato dal fatto che la transizione digitale, al pari della transizione ecologica, interessa trasversalmente tutti i settori e tutte le imprese. Sulla carta questo tipo di politiche dovrebbe contribuire a ridurre le differenze attualmente presenti nei livelli di digitalizzazione delle imprese. Nei fatti il rischio è di produrre l’effetto contrario. L’evidenza empirica relativa all’allocazione dei fondi del piano Impresa 4.0 evidenzia una forte concentrazione territoriale e per dimensione d’impresa. Pur trattandosi di interventi destinati alla totalità delle imprese, nella realtà solo una quota molto piccola di imprese è stata in grado di utilizzare efficacemente gli incentivi pubblici messi a disposizione per la trasformazione digitale.
*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni
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