L’andamento della caduta per prevedere la ripartenza

L’andamento della caduta per prevedere la ripartenza
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Le previsioni sull’impatto economico della pandemia in atto sono notevolmente peggiorate nell’ultima settimana. La questione di cui si discute è se la caduta del Pil sarà superiore o inferiore rispetto a quella osservata nel 2009. Fare previsioni in questo momento è pressoché impossibile e qualunque ipotesi potrebbe essere rapidamente smentita. Indipendentemente dall’entità della riduzione del Pil vi sono alcuni aspetti della crisi in atto che la differenziano in modo significativo dalla precedente. La prima differenza è nel fatto che il dato medio nasconde una più elevata variabilità intersettoriale. Anche nel 2009 i settori più colpiti sono stati quelli dei beni non di prima necessità (come vacanze o divertimenti) e dei beni di consumo durevole (come auto, mobili o elettrodomestici) per i quali può essere rimandata la sostituzione. In questa crisi per alcuni settori la caduta sarà molto maggiore poiché non si tratta di fronteggiare un progressivo calo della domanda ma una totale interruzione. Per le attività legate al turismo e all’intrattenimento alcune analisi prevedono cali che a fine anno potrebbero essere superiori al 40%. L’altro elemento di diversità dell’attuale crisi rispetto alla precedente è legato al diverso andamento temporale della caduta, molto più repentina nella crisi attuale. Sapere che fra qualche mese vi sarà il ‘rimbalzo’ non è di grande aiuto se nel frattempo si rimane schiacciati dalla caduta. Per questo è di scarso interesse la discussione sulla forma che assumerà il profilo ciclico; se si tratterà di una V, cioè una caduta con rapida ripresa o di una U, con un periodo di stagnazione più o meno lungo. La questione fondamentale è quante imprese saranno in grado di resistere alla caduta per poter ripartire. Il sistema produttivo del nostro paese e della nostra regione è particolarmente vulnerabile a questi shock poiché è caratterizzato dalla presenza di un tessuto di piccole e piccolissime imprese fortemente interconnesse in rapporti di filiera. La crisi di un’impresa può generare un effetto domino che colpisce soprattutto gli anelli più deboli; le imprese più piccole e dipendenti da uno o pochi committenti. E’ scontato che al momento l’attenzione massima deve essere dedicata all’emergenza sanitaria. Ma è altrettanto importante che non si perda l’attenzione verso il sistema produttivo. Non si tratta di mettere in contrapposizione i due obiettivi, come è avvenuto (non solo in Italia) nelle prime fasi della crisi, quando si dibatteva fra lassisti e rigoristi. Oggi siamo tutti convinti della necessità di ridurre al minimo le occasioni di contagio e, di conseguenza, cessare tutte le attività economiche non strettamente necessarie. Dobbiamo però con altrettanta determinazione prestare attenzione alle conseguenze di queste misure sul sistema produttivo intervenendo nella maniera più efficace possibile al fine di scongiurare possibili situazioni di interruzione della continuità aziendale. Gli esercizi di darwinismo sociale, che abbiamo giustamente respinto nel caso della popolazione, vanno scongiurati con altrettanto vigore anche per il sistema delle imprese. Non è solo una questione di entità degli interventi ma anche di efficacia degli stessi in funzione delle specifiche esigenze, che variano da settore a settore e da impresa a impresa. La delicata situazione della finanza pubblica del nostro paese non ci consente la stessa larghezza di interventi ipotizzata da altri paesi. Per questo è necessario utilizzare al meglio le risorse disponibili ponendo la massima attenzione alla loro efficacia e gestendo gli interventi in modo flessibile. Una delle affermazioni maggiormente ripetute in questi giorni è che dopo questa crisi nulla sarà come prima. E’ probabile che in questi momenti si sia portati ad esagerare la portata dei cambiamenti in un paese molto conservatore sul piano sociale ed economico come il nostro. Alcuni cambiamenti nei modi di produzione e di consumo sono destinati a restare permanenti, in particolare quelli associati all’utilizzo delle tecnologie digitali. Dobbiamo assicurarci che alla ripresa, che sicuramente ci sarà, il sistema delle imprese sia ancora pienamente vitale per trarne vantaggio.


*Docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico