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mondo, la prof.ssa Maria Montessori, nel 1936 al congresso europeo per la pace di Bruxelles disse: “La pace è una meta che si può raggiungere soltanto attraverso l’accordo, e due sono i mezzi che conducono a questa unione pacificatrice: uno è lo sforzo immediato di risolvere senza violenza i conflitti, vale a dire di eludere le guerre; l’altro è lo sforzo prolungato di costruire stabilmente la pace tra gli uomini. Ora evitare i conflitti è opera della politica: costruire la pace è opera dell’educazione”.
Come ricercatore e insegnante sono convinto, oggi più di ieri, che la pace si costruisca sui banchi di scuola, nelle aule e nei laboratori delle università. Evitare le guerre, fermare le guerre è compito della politica, costruire la pace, difendere la pace è compito dell’educazione. La politica deve sostituirsi alle armi. Le armi vanno utilizzate per difendersi, ma poi la politica deve far evolvere le parti che si contrappongono per arrivare progressivamente ma in modo determinato verso una pace. La pace si costruisce educando al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, all’incontro di culture e storie diverse, il progetto dell’Europa unita ne è un esempio: il più grande programma di pace mai sviluppato. Paesi, che per secoli si sono scontrati in guerre sanguinarie, basta ricordare la Seconda guerra mondiale e il terribile Olocausto che l’ha accompagnata, hanno costituito prima una comunità economica, poi una comunità culturale, con tanti studenti Erasmus che incrociano l’Europa, come veri cittadini Europei prima che italiani, francesi o greci.
Nel 2012 L’Unione Europea ricevette il premio Nobel per la pace per aver “contribuito all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa”.
La Scuola e l’Università devono costruire, rafforzare la cultura per la pace. Sono luoghi dove il confronto trova spazio, le idee si discutono: spazi ideali per far crescere i giovani nel rispetto delle differenze, per abbattere i pregiudizi, comprendere le differenze e includere culture e storie diverse. La paura del diverso, di chi arriva da terre lontane, non trova spazio nelle scuole e nelle università, dove la cittadinanza globale è di fatto professata. Purtroppo, alzare muri, stendere filo spinato alle frontiere, è ormai convinzione diffusa anche in Europa, il non voler affrontare la questione dei flussi migratori, di persone che scappano dalle guerre, impoverisce il progetto dell’Europa unita, ci allontana dalla cultura della pace, ecco perché oggi è ancora più difficile difendere la pace.
Quando si distinguono i profughi da accogliere in base al paese e alla guerra da cui scappano, credo che sia difficile poi comprendere le ragioni per imporre la pace. La guerra è “un fallimento, una resa vergognosa”, queste le parole di Papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti” dell’ottobre 2020, prima della tremenda guerra in Ucraina, ma con la presenza di altre terribili guerre purtroppo dimenticate in Siria, nello Yemen, nel Sud Sudan, nel Congo e poi: “ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato”. Ma tutto questo si può contrastare con una convinta politica per la pace.
* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche
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