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Lunedì scorso sono stato invitato ad un incontro sul distretto calzaturiero marchigiano organizzato congiuntamente dai giovani imprenditori di Confindustria Fermo e Confindustria Macerata. Fra i temi sollevati nella discussione vi è stato quello della necessità di rafforzare l’identità e l’immagine del distretto. In effetti la conoscenza del distretto calzaturiero a cavallo fra le province di Macerata e Fermo è meno diffusa di quanto meriterebbe, non solo a livello internazionale ma anche a livello nazionale e regionale. Il distretto calzaturiero marchigiano costituisce la più grande concentrazione di imprese e occupati nella produzione di calzature della Ue e fra le più rilevanti a livello mondiale.
Secondo gli ultimi dati Istat esso comprende circa 2.500 imprese con quasi 20.000 addetti. Questi numeri fanno riferimento alle imprese che producono calzature e accessori; in realtà l’attività produttiva del distretto induce una domanda di beni intermedi, lavorazioni e servizi che si estende a numerosi altri settori. L’Italia è il paese leader nella UE per la produzione di calzature. Abbiamo un numero di occupati nel settore, oltre 70.000, pari ad un terzo del totale e una quota sul valore della produzione di oltre il 50%. La maggiore quota in termini di valore della produzione rispetto a quella degli addetti deriva dal fatto che la qualità della produzione italiana è decisamente superiore alla media.
Le Marche sono la regione italiana con il maggior numero di occupati nel settore, il 90% dei quali è concentrato nel distretto a cavallo delle province di Macerata e Fermo.
Questo dilemma può essere in parte superato per effetto della rivoluzione digitale e della transizione ecologica le quali aprono possibilità di innovazione radicale in tutti i settori, anche quelli tradizionali. Si tratta di sfide non facili da cogliere per un sistema che è in gran parte costituito da piccole e piccolissime imprese. Mancano le risorse finanziarie e le competenze necessarie a sfruttare le opportunità di innovazione. Non è un caso che negli ultimi anni sono uscite dal mercato molte piccole imprese, mentre quelle medie e grandi hanno ottenuto buone performance.
Tutte le imprese, grandi o piccole che siano, trarrebbero giovamento da una maggiore conoscenza del distretto da parte dei potenziali consumatori, i quali potrebbero associare la calzatura non solo al ‘Made in Italy” ma anche alla provenienza dal distretto marchigiano, opportunamente valorizzato nelle sue caratteristiche quantitative e qualitative. È un’opportunità vantaggiosa ma non semplice da raggiungere.
Occorrerebbe mettersi d’accordo, fra imprese e istituzioni, sul modo con il quale caratterizzare e valorizzare il distretto e su un’attività di comunicazione coerente e sistematica. Questo richiede un elevato grado di coordinamento fra i diversi attori coinvolti e, soprattutto, l’incentivo ad investire per un risultato che non avvantaggia direttamente chi lo effettua (impresa, comune o provincia) ma l’intera comunità del distretto. È la usuale difficoltà che si riscontra nel “fare sistema”: tutti sono convinti della sua utilità ma ottenere il risultato non è semplice, soprattutto in un contesto di elevata frammentazione come quello marchigiano. Il punto di partenza è la consapevolezza delle possibilità e gli incontri come quello di lunedì scorso costituiscono passi efficaci in questa direzione.
* Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore della Fondazione Merloni
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