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La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo afferma che quello alla vita è il primo diritto fondamentale di ogni essere umano, il cui inviolabile rispetto è la precondizione per una società libera, giusta e in pace. «Il più povero dei poveri è il bambino che non è nato», diceva Madre Teresa di Calcutta. Ed è proprio per «difendere chi non può difendersi» che ieri pomeriggio a Roma decine di associazioni e migliaia di fedeli - famiglie, giovani e meno giovani, bambini, ragazzi e nonni - hanno marciato da piazza Repubblica a San Giovanni in Laterano. L’esistenza umana è sacra, dal concepimento al suo termine naturale, e Papa Francesco richiama incessantemente l’urgenza di «difendere la vita, soprattutto quella più fragile, più debole».
Perché «una società che abbandona i bambini e gli anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro». La manifestazione “Scegliamo la vita” ha testimoniato pubblicamente l’inaccettabilità etica e la ferita sociale dell’aborto, dell’eutanasia e di tutte le altre offese alla dignità umana. Lo scorso anno l’interruzione volontaria di gravidanza ha ucciso oltre 73 milioni di bambini nel mondo. E anche in Italia l’aberrante minaccia del suicidio assistito incombe su migliaia di anziani e malati gravi. È un irrinunciabile dovere di civiltà non ignorare nessuno e prendersi cura di tutti. Dal nascituro fino alla vita più fragile, ferita, scartata.
Nel Vangelo non c’è spazio per l’indifferenza che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. È Gesù a insegnarci cosa è veramente essenziale nella vita. Minacciato da Erode, nasce nella povertà del mondo perché per Lui e la sua famiglia non c’è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali. Eppure, da questa fragilità, emerge trionfalmente la luce della gloria di Dio. A partire da lì comincia la via della vera liberazione e del riscatto perenne. Ogni giorno sui volti dei “piccoli” scorgiamo i tratti della bontà, della misericordia e dell’amore di Dio Padre. È qui che traiamo e tocchiamo con mano la lezione di San Paolo per evitare l’empietà del mondo, vivendo con sobrietà, giustizia e pietà. La cultura dell’indifferenza finisce inevitabilmente per essere drammaticamente spietata. Perciò dobbiamo contrapporvi una difesa della vita colma di empatia, di compassione, di misericordia.
Attinte quotidianamente dal pozzo della preghiera e della condivisione. All’inizio della pandemia Francesco ha scritto ad alcuni dei suoi ex allievi: «Vi suggerisco di porvi due domande. È giusto eliminare una vita umana per risolvere un problema? È giusto assumere un sicario per risolvere un problema?». Due interrogativi mai così attuali in un’era di tragedie individuali e collettive. Difendere la vita degli altri è il solo modo per salvare anche la nostra.
* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
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Corriere Adriatico