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Gran bel gioco, il poker. La fortuna vi ha il suo peso, come nelle vita del resto. Ma è in primis gioco d’intelligenza, battaglia psicologica. Capire cosa hanno in mano gli avversari, evitando che loro intuiscano le tue carte. Hai un punto forte: di quanto rilanci? Non hai niente: te ne vai o bluffi spudorato? Giochi d’attacco, mettendo pressione agli altri, o giochi di rimessa, e faccia qualcun altro la prima mossa? Sta entrando nel vivo il poker per il Quirinale. Berlusconi all’attacco, gli altri - compresi gli alleati, non proprio entusiasti, si direbbe, della sua autocandidatura - gli altri, dicevo, tutti al coperto. (L’autocandidatura dell’ex premier è oggettivamente una buona mossa, assumendo il suo punto di vista: se non per arrivare al Colle, per riacquistare la perduta centralità politica). Trattative in stallo, commentano i più autorevoli osservatori.
Uno stallo carico di tensione, come sempre al tavolo da poker. Un nome buttato lì come per caso, per verificare quanti consensi possa raccogliere, o magari per bruciarlo. Molte dichiarazioni di principio, di metodo: poco anzi punto impegnative per tutti. L’auspicio di Una Donna al Colle, finalmente (come se Una Qualunque andasse bene). Proposte pubbliche di incontri al vertice: ma non oggi, forse neanche domani, diciamo prima o poi. Conciliaboli segreti che non sempre segreti rimangono. Stallo agitato: piace l’ossimoro? È che la situazione è particolarmente complessa, il tavolo non ha un leader.
All’elezione del nuovo Presidente i partiti arrivano deboli come non mai.
Passiamo in rassegna l’altro campo? Il MoVimento 5 Stelle, fra abbandoni ed espulsioni, si è frantumato in non numerabili schegge. Anche il Pd ha perso pezzi e anche nel Pd chi è rimasto dentro tende a guardarsi in cagnesco, pare non sia elegante parlare di correnti ma non è che se una cosa non la nomini non esiste o non è proprio quella roba lì. Quanto all’alleanza fra i due partiti, sembra il tipico matrimonio di interesse, non entusiasma neanche un po’ né gli uni né gli altri. E in generale, è un anno che nessun partito tocca palla, o riesce ad aggiudicarsi un piatto serio, volendo proseguire nella metafora pokeristica. Un anno di Draghi mattatore, tutti gli altri ridotti al rango di produttori di inutili dichiarazioni, di flebili proteste tacitate mediante concessioni minime. L’elezione del Presidente della Repubblica impone con forza ai politici di professione di tornare ad assumersi le proprie responsabilità. Per quanto appannati, ammaccati.
Questa elezione presidenziale rappresenta l’occasione per la classe politica tutta, che l’anno scorso meritò la messa all’angolo, di dimostrare di essere cresciuta, la presente legislatura fino a oggi essendo stata contrassegnata da un tasso di immaturità non tollerabile, non più sostenibile. Le Marche hanno indicato i loro tre delegati. Il presidente della Regione Francesco Acquaroli, il presidente del Consiglio Regionale Dino Latini e il capogruppo del Pd Maurizio Mangialardi: figure istituzionali, scelte ineccepibili.
Mano sul fuoco, non rientreranno da Roma lunedì sera, la prima votazione, come le due successive, richiede la maggioranza dei due terzi ed è praticamente impossibile venga raggiunta anche se lo stallo dovesse essere superato questo weekend. Siccome il settore delle scommesse non conosce la parola crisi, ormai si scommette su tutto, i bookmaker aggiornano le quote per il Poker del Quirinale. Malgrado la confusione oggi regnante, loro hanno pochi dubbi o nessuno. Il successore di Mattarella sarà Draghi.
* Opinionista e critico cinematografico
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Corriere Adriatico