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Una recente ricerca dell’ANIE (Associazione Nazionale Industrie Elettrotecniche ed Elettroniche) mette in evidenza che l’uso dell’auto in Italia è compatibile col passaggio a una vettura elettrica. Si è stimato che in media, chi usa l’auto, guida per circa 1 ora e 15 minuti al giorno, percorrendo una quarantina di chilometri. In totale sono poco meno di 12mila km all’anno. Nelle restanti ore del giorno, l’auto rimane inutilizzata ed è potenzialmente collegabile a una colonnina. La ricarica a casa è la più ampiamente utilizzata, circa il 90% dei proprietari di auto elettriche si è organizzato in questa maniera. Ma i numeri sono positivi anche allargando lo sguardo alla presenza di colonnine.
Nel nostro Paese ci sono circa 50mila punti di ricarica, di cui un migliaio in autostrada. Se ci si confronta con l’Europa più avanzata si è ancora indietro. Francia e Germania hanno punti di ricarica per abitante che arrivano a 18 e 15 rispettivamente, mentre in Italia sono solo 9. È vero che negli ultimi anni si è fatto molto sul fronte delle infrastrutture, ma si può fare ancora meglio. Però un elemento che potrebbe portare ad una vera accelerazione è l’affermarsi delle batterie allo stato solido. Vediamo cosa sono, quali vantaggi portano e quali sono i punti critici. Le batterie allo stato solido sono normali batterie agli ioni di litio, quelle ormai comunemente diffuse per tanti usi, in cui l’elettrolita, solitamente liquido, è sostituito da un elettrolita solido, da cui il nome. Le celle, per il resto, continuano ad avere due elettrodi, anodo e catodo, con carica negativa e positiva, un separatore piazzato tra di essi e un elettrolita che consente agli ioni di litio di muoversi tra i due elettrodi durante le fasi di carica e scarica.
Le case automobilistiche hanno subito sviluppato molto interesse verso questa soluzione, perché le tradizionali celle agli ioni di litio comportano un rischio.
QuantumScape, startup americana con 2 miliardi di dollari investiti, 600 ricercatori e 300 brevetti, ha iniziato a fornire i primi prototipi di batterie allo stato solido alla Volkswagen, suo principale finanziatore. Quindi il futuro si avvicina a passi da gigante. È evidente che non si può rimanere indietro dal punto di vista tecnologico, ed è necessario che anche su queste tematiche venga formata la nuova generazione dei nostri tecnici, dall’ingegnere al chimico, passando per gli esperti dei materiali e dei processi di produzione. Nelle Marche sono presenti eccellenze nell’Università Politecnica delle Marche, per quanto riguarda l’ingegneria di processo ed i materiali, e nell’Università di Camerino, per quello che riguarda la chimica. Mettendo insieme queste competenze si potrebbe aprire un capitolo molto interessante, sia nell’ambito della didattica che della ricerca, iniziando, ad esempio, con un nuovo corso di Laurea InterAteneo, da mettere in campo in cooperazione con alcune imprese del centro Italia, che già collaborano con le due Università.
*Referente Trasferimento Tecnologico
e Direttore Diism
Università Politecnica
delle Marche
Corriere Adriatico