VICENZA - Una situazione sempre più complessa ed articolata. Potrebbero esserci anche nuovi indagati, alla luce dei risultati degli accertamenti in corso, tra i membri del Cda...
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Il Procuratore di Vicenza Antonino Cappelleri, che ha coordinato l'indagine del pm Luigi Salvadori, fa capire che altri potranno finire sul registro degli indagati. Secondo Cappelleri, bisognerà attendere l'esito delle indagini sulla documentazione sequestrata ieri, fase conclusa quest'ultima, per accertare se alti dirigenti della Popolare di Vicenza si siano fatti prestare dall'istituto denaro per comprare azioni della stessa.
Per velocizzare l'inchiesta, Cappelleri sta valutando l'ipotesi di dare il compito non solo ad un unico pm ma ad un pool di sostituti della Procura berica. «Ora attendiamo se contro i sequestri - ha detto Cappelleri - ci sia un ricorso al Tribunale del riesame di Vicenza da parte dei legali degli indagati». «Se ciò avverrà - ha rilevato - dovremo scoprire alcune delle nostre carte ma siamo pronti a farlo».
Per questo il Procuratore conta su una indagine veloce che entro un mese stabilirà le eventuali responsabilità delle persone coinvolte nelle indagini. «Non è escluso - ha concluso il procuratore - che qualche altro appartenente del Cda venga indagato se dovessimo individuare qualcun altro che si è fatto finanziare dalla Popolare per acquistare azioni della banca».
Nuove iniziative annunciate dai consumatori. Adusbef e Federconsumatori si chiedono «quale vigilanza vi sia stata da parte degli organismi preposti». E annunciano un «esposto alla magistratura affinché accerti le responsabilità anche di Consob e Banca d'Italia», oltre alla tutela «degli azionisti con le azioni più opportune nei confronti della Banca» con «un'assemblea il 3 ottobre a Vicenza e una il 12 ottobre a Udine».
Intanto Antonio Patuelli, presidente dell'Abi, sollecitato dai giornalisti, ha spiegato in merito alla mancanza vigilanza: «Non siamo noi i vigilanti. Queste domande andrebbero poste in altri paesi d'Europa. Perché le sanzioni internazionali sono arrivate a banche di altri Paesi continentali per miliardi di euro e a nessuna banca italiana. Il problema è che se qualcuno fa qualcosa di male oltralpe fa poca notizia. C'è voluto lo scandalo della Volkswagen per far vedere che l'azienda non ha sede in Italia. Penso che quello che sta valutando la magistratura prevenga gli eventi. In uno stato di diritto in qualsiasi ambito merceologico vi sono delle verifiche da fare». Secondo Patuelli, inoltre, «i problemi che coinvolgono le banche fanno notizia perché sono pochi rispetto a quelli che tutti i giorni coinvolgono altri settori come quello industriale o artigianale». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico