Gli invalidi civili totali (e, sicuramente, non soltanto loro) non possono vivere con l’attuale pensione di inabilità da 286,60 euro. Per questo,...
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Secondo la Consulta, l’importo riconosciuto oggi come pensione di inabilità «è innegabilmente, e manifestamente, insufficiente» per garantire il minimo vitale. Per questo motivo, gli invalidi civili totali hanno diritto all’incremento al milione già a partire dai 18 anni, senza dover attendere – come succede oggi – il compimento dei 60 anni.
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Il Corte motiva proprio questo requisito di età, sostenendo che «le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i 18 anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i 59, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento».
In un altro passaggio della sentenza, osserva laleggepertutti.it, la Consulta riconosce all’assegno di accompagnamento, che si aggiunge alla pensione di inabilità, una funzione «compensativa», il che renderà necessaria una misura correttiva. Un costo per lo Stato che può variare da un minimo di 200 milioni fino a un massimo di 1,5 miliardi, a seconda di quello che sarà il reddito di riferimento del nucleo familiare o del beneficiario. Ad ogni modo, molto di più rispetto a quanto previsto dal decreto Rilancio, vale a dire 47 milioni di euro.
Tuttavia, la Corte costituzionale sottolinea che questa maggiore spesa è giustificata dal rispetto dei «diritti incomprimibili della persona». I vincoli di bilancio, dunque, non possono prevalere. Gli effetti della sentenza decorrono dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico