Ascolta: <span >streaming audio e video cresciuto del 24,6% arrivando a 208 milioni. «Sono numeri che sicuramente riaccendono le luci della speranza e delle aspettative della
discografia italiana - spiega il manager - ma non possiamo dimenticarci delle piccole e medie imprese, che compongono il settore, che non sono riuscite a superare la prova da sforzo del periodo e che le nostre istituzioni non hanno adeguatamente intercettato e sostenuto, proprio perché, essendo un settore cosi vasto e stratificato, esige una preparazione da parte dei tecnici ministeriali che ad oggi non esiste».
LE PREVISIONI
Oggi tutte le ricerche di mercato pronosticano un futuro ricco di ottimismo, da ultimo Goldman Sachs che stima al 2030 un valore del settore a livello mondiale di oltre 150 miliardi di dollari. «Sono prospettive che sicuramente riempiono di entusiasmo», osserva ancora Cerruti, aggiungendo che «le possibilità espansionistiche del settore sono sicuramente in crescita grazie al digitale e allo streaming, oggi asset imprescindibili per la crescita economica delle nostre imprese. Per quanto i segnali sul futuro siano positivi - ammonisce però Cerruti - il presente continua a preoccuparmi: siamo una superpotenza culturale che viene intercettata solo quando presenta stime economiche di crescita e non quando lancia gridi di allarme». Un grido d’allarme che riguarda soprattutto il rischio che l’azienda italiana della musica possa essere depredata. Infatti, l’interesse dei grandi gruppi finanziari non si limita più alla ricerca dei dati, anzi, i diritti musicali sono diventati la nuova frontiera d’investimento nell’economia reale. «La storia del nostro settore sta cambiando molto velocemente - argomenta Cerruti, anche presidente del Gruppo Media, Comunicazione e Spettacolo di Assolombarda - e oggi private equity e fondi d’investimento internazionali arrivano nel nostro Paese con la volontà di acquistare beni e asset delle aziende italiane di settore. Quello che chiedo da tempo alle istituzioni è di esercitare la Golden Power della cultura e mettere un freno all’acquisto sfrenato dei grandi fondi internazionali, sostenendo le imprese culturali e creative del nostro Paese nella preservazione del patrimonio artistico italiano».
LA MINACCIA
Una difesa che appare decisiva guardando i numeri. Il settore della produzione musicale indipendente ricopre un ruolo fondamentale per lo sviluppo della produzione musicale e fornisce un contributo importante all’economia italiana. Si stima che nel 2019 abbia sostenuto con la sola attività in senso stretto un contributo al Pil di 153 milioni di euro, a fronte di un contributo in termini di produzione totale pari a circa 442 milioni di euro.
Il settore nella sua interezza conta oltre 4.443 produttori che, a loro volta, danno da lavorare a decine di migliaia di persone. Considerando inoltre il valore economico più ampio che trae fondamento dalla produzione musicale, si calcola che nel 2019 il valore delle sole attività concertistica e attività di ballo e intrattenimenti musicali è stato pari, rispettivamente, a circa 516 e 1.051 milioni di euro. Volumi d’affari di assoluto rilievo che ancora oggi sono costretti a scontrarsi con il mondo della pirateria fisica e digitale, che, lamenta Cerruti «è un fenomeno che si insinua e cresce tra le opportunità della rivoluzione tecnologica che ha interessato il nostro settore con conseguenze importanti sul tessuto economico ed occupazionale del Paese». Ad esempio, secondo il consolidato studio sul fenomeno condotto dalla FAPAV/Ipsos, sono 9.400 i posti di lavoro a rischio per l’industria audiovisiva a causa della pirateria, mentre ammonta a 1.7 miliardi di euro il danno all’economia nazionale. «Per proteggere il futuro delle offerte legali di contenuti culturali – conclude Cerruti - e per contrastare un fenomeno che è diventato sempre più complesso, soprattutto dal punto di vista tecnologico, è fondamentale implementare sinergie tra i soggetti interessati ed iniziative trasversali che comprendano azioni di enforcement, comunicazione ed educational».
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Corriere Adriatico