ANCONA - Problemi di insetti (la cimice asiatica), di funghi e di clima, in ogni caso Oi Pera, acronimo di Organizzazione interprofessionale Pera, lancia l’allarme:...
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Ma se in Italia la pera non si sente molto bene, nelle Marche gode di ottima salute. Per la Coldiretti regionale, nonostante la coltivazione occupi solo 60 ettari, nel 2019 sono stati conferiti circa 10mila quintali di pere. Un netto +20% rispetto al 2018, in controtendenza con i dati nazionali. Dominano le pere prodotte in provincia di Ascoli (3.914 quintali), poi quelle di Fermo (2.768) seguite dalle anconetane (1.818) e infine dalle pesaresi (680). Produttori che lasciano spazi ad altre varietà. Politiche agevolate dalle dimensioni delle aziende e dalla scelta degli agricoltori di conferire direttamente al consumatore o a grossisti sensibili alle tipicità nel settore della frutta.
È il caso di Antidio Paolini, con il fratello Daniele. Vivono a Sant’Angelo in Lizzola nel Pesarese e nonostante si siano concentrati sulla pesca di Montelabbate hanno mirato alla diversificazione per rispondere alle richieste dei mercatini. Fanno parte della rete “Campagna Amica”. «Il nostro pereto occupa solo 1 ettaro - spiegano - e abbiamo 450 piante di pere Angelica, Abate, William e poche Kaiser». Le raccolgono acerbe e poi le mettono non in una cella ma in una grotta di tufo sotto un boschetto che, durante la guerra, era un rifugio durante i bombardamenti. Con un complesso ritmo di caldo e freddo hanno portato a maturazione 60 quintali di frutti che hanno trovato acquirenti sui mercatini di Montecchio, di Fano e di Lucrezia. Prezzo tra i 2 e i 2,50 euro al kg. Mauro Stoppa a Montalto Marche nell’Ascolano pone anche lui la tipicità in primo piano. Coltiva la “San Giovanni” detta anche la “Bella di Giugno”, pera precoce ma poco consistente, e poi la “Coscia” della Val d’Aso. «Sono produzioni - spiega - che ho avviato per sopravvivere, ossia crearmi un nuovo reddito andando incontro al consumatore». Le vende intorno ad 1,50 euro al chilo nel mercatino del chiostro di San Francesco in Ascoli. Mentre Alberto D’Erasmo dell’azienda agricola Valle dell’Indaco ad Ortezzano nel Fermano, che lavora con un pereto di un migliaio di alberi, preferisce conferire ad un grossista e ha ottenuto un euro al chilo. È tra i pochissimi a coltivare la francese “Delbard”, e ciò dalla fine dei ‘90, precoce ma delicatissima e impossibile da stoccare in frigo che raccoglie a giugno, poi ad agosto conferisce la Coscia, infine a settembre l’Abate. «Il che mi consente di essere sempre presente sul mercato».
Insomma la pericoltura nelle Marche ha fatto di necessità virtù. Mentre l’Italia domina il mercato europeo con l’Abate Fetel, la William, la Conference e la Kaiser, i piccoli coltivatori marchigiani si presentano con altre varietà ben gradite dal mercato. Il che collima con il profilo del consumatore identificato nell’indagine presentata nel 2015 dal primo “Osservatorio Pera italiana”. Consumatore per cui la pera è al quinto posto tra i frutti preferiti degli italiani dopo mela, banana, agrumi e uva; è gradita soprattutto dagli over 50 e mangiata per le proprietà salutistiche (fibre, digeribilità, poche calorie) ed il sapore. Ma le sceglie, ed ecco le motivazioni che danno ragione ai piccoli produttori marchigiani, per la varietà, il prezzo, il grado di maturazione, la freschezza e le acquista sfuse e fuori della grande distribuzione. Il profilo dell’odierno mercato dove si muove la pericoltura marchigiana. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico