Jesi, ecco le firme decisive: il 51% di Pieralisi va al fondo De Agostini

Jesi, ecco le firme decisive: il 51% di Pieralisi va al fondo De Agostini
JESI - Era atteso per marzo, è arrivato a giugno. Il Covid-19 ha solo rallentato l’operazione della cessione del 51% di Pieralisi Mait a IDeA Ccr II, il fondo della...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
JESI - Era atteso per marzo, è arrivato a giugno. Il Covid-19 ha solo rallentato l’operazione della cessione del 51% di Pieralisi Mait a IDeA Ccr II, il fondo della galassia De Agostini (Dea Capital) che si occupa di affiancare imprese medie con fondamentali industriali solidi in tensione finanziaria e rilanciarle.


LEGGI ANCHE:
La sveglia di De Rita: «La carenza di infrastrutture non sia un alibi per l'economia delle Marche»

Pesaro, Berloni a un bivio dopo l'offerta, i sindacati: «Subito un tavolo con tutti i protagonisti»/ Tutte le cifre


Nei giorni scorsi sono stati firmati i contratti che fanno da quadro all’epilogo, ormai imminente: è stato rispettato il pre-accordo maturato a cavallo tra dicembre 2019 e gennaio 2020 secondo uno schema complesso di operazione straordinaria che ha contemplato la mediazione di una terza azienda protagonista nell’operazione di cartolarizzazione dei debiti di Pieralisi Mait. In questo contesto c’è stata la creazione di diverse classi di titoli con diverso ordine di priorità di rimborso (in gergo si chiama waterfall, cascata) con chiusura del cerchio proprio in questi giorni. 
 
La parte finale dell’accordo
La parte finale dell’accordo per la governance porta il 51% nell’alveo di Dea Capital. Ma nell’intreccio succederà anche che a livello di patrimonio la famiglia Pieralisi continuerà a detenere il 67% delle proprietà. Di sicuro si chiude un’epoca nella zona industriale di Jesi est che dopo la banca saluta una proprietà marchigiana che ha fatto da zero e nobilitato la storia del territorio: dal centro sportivo all’albergo, dall’azienda vitivinicola al museo Stupor mundi, solo per rimanere agli ultimi dieci anni. I Pieralisi, va sottolineato, rimaranno in azienda: ceduta la maggioranza, il restante 49% di Pieralisi Mait resterà con un intreccio di quote e proprietà per un terzo circa nella mani dell’ingegnere Gennaro Pieralisi, un altro terzo alla sorella Paola e l’ultimo pezzo ad Andrea Pieralisi. 
L’unica variazione
Non a Francesco e Cristina Casoli usciti dall’operazione in modifica rispetto al pre accordo. Più difficile quantificare quanto ha cubato l’operazione: si partiva da un cumulo di debiti che Pieralisi Mait aveva con le banche nell’ordine di qualche decina di milioni. Dopo due ristrutturazioni finanziarie, nel 2013 e nel 2016, i crediti sono stati progressivamente acquistati da IDeA Ccr II che ora si è poi fatta largo anche nella governance. Nel consolidato il gruppo Pieralisi nell’ultimo bilancio ha toccato il tetto dei 100 milioni di euro di fatturato ( con un Ebitda di 10. 

Al comando della gestione di Pieralisi Mait resterà come amministratore delegato Alessandro Leopardi. Maceratese, classe 1968, Leopardi girerà a settembre la boa dei due anni a Jesi dopo aver lasciato Efore, gruppo finlandese quotato alla borsa di Helsinki che ha controllato dal 2015 la Roal Castelfidardo, alma mater di Leopardi. Con l’operazione straordinaria si chiude un percorso tortuoso: Pieralisi in parallelo da una parte ha sanato la parte economica asciugando le partecipate estere più in difficoltà (Spagna e Grecia in primis) che fiaccavano la redditività generale e dall’altra parte ha risollevato la tensione finanziaria dovuta ai debiti con le banche. È una buona notizia per le Marche e per i 300 dipendenti del gruppo: Dea Capital come tutti i fondi di private equity ha un orizzonte di sette anni di lavoro ma a cinque, come spesso succede in questi casi, potrebbe uscire. Tanta strada da correre per un brand che le Marche confidano resti nel gotha delle sue bandiere più prestigiose.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico