FABRIANO - Dopo cinque mesi di trattative Indesit Company stringe per un accordo con i sindacati, e per la seconda volta presenta un revisione del piano di riassetto per...
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La parola (dopo circa 6 ore di confronto al Ministero) è passata quindi ai sindacati, ed il sì delle organizzazioni dei metalmeccanici "è indispensabile per l’utilizzo dei contratti di solidarietà" a cui pensa l’azienda per i 1.030 esuberi: una riduzione mediamente al 60% delle ore di lavoro con una retribuzione oltre l’80%, condizioni che verranno alleggerite con l’avanzare del piano di pensionamenti e riassorbimento. A scadenza degli ammortizzatori sociali, indicativamente nel 2018, secondo i calcoli dell’azienda, dopo pensionamenti e dipendenti riassorbiti, "il numero di persone da gestire" scenderà a 300 dai 1.400 annunciati a giugno; meno della metà dei circa 650 già gestiti oggi con la cassa integrazione, indipendentemente dall’avvio del nuovo piano.
Non ci saranno esuberi negli uffici centrali di Fabriano e Milano, con il riassorbimento di 150 impiegati in quattro anni. La stima dell’azienda scende invece a 179 esuberi a fine periodo per il polo di Fabriano (invece dei 480 previsti a giugno): 101 gli addetti che resteranno in fabbrica per le maggiori produzioni previste con l’ultimo aggiornamento del piano (cucine, maxi forni e produzioni speciali; ed attività di service internalizzate), il rientro di altri 150 è legato alla previsione di crescita dei volumi, 50 i pensionamenti. Sono ridotti a 50 gli esuberi previsti, sempre a fine piano, per il polo di Comunanza (erano 230): in 100 dovrebbero rientrare per far fronte alla prevista crescita dei volumi, 80 in pensione.
Come sollecitato dai sindacati e dal governo dopo il precedente aggiornamento del piano, dall’azienda arriva una risposta più forte per il polo di Caserta (più produzione: per esempio tutti i piani di cottura gas ad incasso, anche quelli originariamente destinati agli stabilimenti in Polonia; oltre, anche qui, all’internalizzazione di attività di service): così gli esuberi stimati per fine piano scendono a 71 (da 540): 119 restano in fabbrica per la maggiore produzione, 150 i rientri previsti con la ripresa del mercato, 200 in pensione. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico