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Il governo italiano sembra prendere molto sul serio il passaggio al Consiglio Europeo della transizione energetica e, in particolare, dello stop totale della vendita di auto endotermiche dal 2035. Ieri, per trovare una posizione più sostenibile e condivisa possibile in sede comunitaria, si è riunito al Mise il tavolo dell’automotive e c’erano solo posti in piedi. Oltre ai padroni di casa, il Ministro Giancarlo Giorgetti ed il suo vice Gilberto Picchetto, erano in prima fila Daniele Franco, Roberto Cingolani, Enrico Giovannini e Andrea Orlando rispettivamente responsabili del Mef, Mite, Mims e Lavoro. Alla riunione hanno preso parte anche i sindacati e le associazioni di categoria fra le quali spiccava l’Anfia che rappresenta la filiera della componentistica italiana guidata da Paolo Scudieri.
Proprio i fornitori specializzati italiani, che sono una vera eccellenza a livello mondiale, hanno più timori per la perdita di numerosi posti di lavoro se il cambiamento sarà troppo repentino.
La UE deve procedere unita e non sarà il nostro premier europeista convinto a creare strappi in una fase in cui andare sottobraccio è particolarmente importante. La prossima settimana, martedì 28, a Bruxelles si parlerà d’ambiente e si potrà capire meglio com’è l’atmosfera. Con la siccità in atto l’habitat è difficile che rinunci a cuor leggero ad abbattere il più drasticamente possibile la CO2 colpevole dei cambiamenti climatici. Ci sono, però, altre anime più sensibili ai problemi sociali. Il Ministro dello Sviluppo Economico ha sottolineato: «A livello europeo si sta allargando il fronte che chiede un passaggio più graduale verso il green. Anche in altri Paesi, come la Germania, le forze politiche si stanno confrontando sul tema in maniera pragmatica ascoltando le richieste e le esigenze anche del settore industriale».
Giorgetti ha anche rivendicato la posizione del Mise in tempi non sospetti: «Siamo stati i primi, e lo ricordo con orgoglio a non firmare per il Cop 26 di Glasgow seguiti dalla Germania e ora anche altri iniziano a chiedersi seriamente se non sia necessario un ripensamento sui tempi e modi della transizione ecologica che pongano al centro la responsabilità sociale ed economica insieme con la sacrosanta battaglia ambientale».
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