Scajola, oggi interrogato l'ex ministro La rete di Forza Italia dietro Matacena

Claudio Scajola
ROMA - Gli investigatori lo definiscono un “circuito”, un giro di affari. Da una prima occhiata alle carte trovate a casa di Claudio Scajola e Amedeo Matacena emergono...

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ROMA - Gli investigatori lo definiscono un “circuito”, un giro di affari. Da una prima occhiata alle carte trovate a casa di Claudio Scajola e Amedeo Matacena emergono alcuni documenti che fanno pensare a un business in cui non è soltanto l'ex ministro ad avere interessi in comune con il deputato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Almeno altri tre o quattro elementi di rilievo del partito ne avrebbero fatto parte, consentendo a Matacena di farsi spazio nel centrodestra e di intavolare affari economici soprattutto nel nord del paese, nell'interesse delle 'ndrine di cui rappresentava la faccia pulita.




I collegamenti. Per quanto non indagati, ci sono almeno due nomi che ricorrono nelle carte rintracciate tra Roma e Imperia. Il primo è quello del tesoriere di Forza Italia, Ignazio Abrignani, che appare con una certa frequenza nei documenti sequestrati a casa di Scajola. L'altro nome di peso è quello di Alfredo Biondi, da sempre avvocato di Matacena e per anni esponente del Pdl in Liguria. In alcuni casi, sarebbe stato lui a gestire gli affari dell'imprenditore calabrese nel Nord d’Italia. Il nome dell'avvocato interessa particolarmente gli investigatori guidati dai magistrati Federico Cafiero De Raho, Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio, anche per un altro motivo. Fu lui il primo contatto con la politica del tesoriere della Lega Francesco Belsito e fu sempre lui ad indirizzare il giovane verso il partito autonomista.



Un ruolo più politico è quello di Denis Verdini, il “protettore” a cui Scajola si rivolge quando l'ex ministro intuisce che la sua candidatura alle europee potrebbe saltare. Proprio a quella candidatura, scrivono i pm nella richiesta di custodia, era legato il suo successo nell'organizzazione. Teoricamente, alcune spiegazioni potrebbe darle nell'interrogatorio di questa mattina Claudio Scajola.



All'ex ministro, che ha già proclamato la propria innocenza, saranno sottoposte le intercettazioni che nell'ordinanza appaiono omissate: in molti casi, Scajola e la Rizzo avrebbero parlato di affari che toccherebbero anche altri esponenti del partito. Perché l'altro cardine su cui sta lavorando l'inchiesta sono gli affari dell'ex ministro che tra Montecarlo e Imperia si circonda di proprietà extralusso. Sono partiti nuovi accertamenti economici in Francia e a Monaco per verificare dove e come abbia investito i propri soldi. Sotto controllo è anche la barca Black Swan di proprietà di una società di leasing che sarebbe riconducibile ad Amedeo Matacena, ora sequestrata. Anche Scajola potrebbe avere una quota nello yacht spesso ormeggiato a Imperia.



Gli affari in Libano. Altro capitolo al centro delle attenzioni della Dia è quello degli affari in Libano che potrebbero aver convinto l'ex presidente Amin Gemayel a favorire la fuga di Matacena. Spulciando i contatti di Vincenzo Speziali, sono saltati fuori i nomi di Gianpaolo Tarantini, oltre a quelli di Stefano Ricucci e Sergio Billè. Senza più credibilità con le banche italiane, Tarantini avrebbe chiesto a Speziali di fargli da mediatore per ottenere finanziamenti dalle banche di Beirut. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico