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In carcere per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo di 21 anni morto dopo un brutale pestaggio a Colleferro, la prima preoccupazione dei fratelli Bianchi riguardava l'acqua: «Ma adesso saremo costretti a bere l’acqua di rubinetto?», chiedevano Marco e Gabriele, accusati insieme a Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. Secondo quanto scrive Alessia Marani sul quotidiano Il Messaggero, avrebbero posto la domanda domenica 6 settembre, mentre stavano per varcare la soglia del carcere di Rebibbia.
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Ossessionati dalla cura del corpo, per loro la mancanza dell'acqua minerale è un cruccio importante. Otto giorni dopo, i loro legali Mario e Massimiliano Pica faranno oggi ricorso al Riesame per ottenere una scarcerazione, puntando a confutare i motivi della trasformazione del capo di imputazione da omicidio preterintenzionale a omicidio volontario. I giudici decideranno dunque se respingere la richiesta o se accoglierla, permettendo ai tre di andare ai domiciliari lasciando il carcere.
Intanto diversi giovani si sono presentati per raccontare la loro testimonianza su quanto accaduto quella sera: tra le 10 e le 15 persone, non solo giovani, e tra loro anche i buttafuori dei locali. Le testimonianze coincidono sostanzialmente, scrive Il Messaggero, con le versioni dei fatti già note finora: a picchiare Willy, secondo i racconti di chi dice di aver visto tutto, sarebbero stati tutti e quattro i giovani arrestati. In particolare i fratelli Bianchi avrebbero sferrato mosse di arti marziali e pugni all’impazzata «sradicando i cestini dell’immondizia, buttando giù i paletti. Quando si è materializzata quell’auto sembrava calata una seconda notte», ha detto uno dei testimoni. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico