LONDRA - Da una ricerca del San Raffaele di Milano arriva una possibile svolta nella lotta contro il cancro. Gli scienziati dell'ospedale italiano hanno scoperto una terapia...
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Il Times gli dedica l'apertura della prima pagina e sottolinea il ruolo cruciale di un team del San Raffaele di Milano, citando l'ematologa Chiara Bonini. Secondo il giornale dietro questo studio s'intravvede una svolta che anche alcuni "veterani nella lotta contro il cancro" giudicano "rivoluzionaria". Si tratta di produrre "cellule killer T geneticamente elaborate": una sorta di arma artificialmente prodotta dal sistema immunitario , in grado di "convivere con qualsiasi cancro nel sistema sanguigno" e contrastarlo.
L'obiettivo degli scienziati italiani per questo lavoro era selezionare 'soldati scelti' del sistema immunitario, modificarli geneticamente in modo da trasformarli in un esercito armato costruito in laboratorio e in grado di riconoscere e uccidere selettivamente le cellule tumorali. «Ci siamo riusciti - assicura all'AdnKronos Salute Chiara Bonini, vicedirettore della Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele - e abbiamo individuato quali sono i linfociti con le maggiori probabilità di riuscire in questa impresa». Cellule che sono come una sorta di 'farmaco viventè, le definisce l'esperta.
«Se vogliamo che la risposta perduri nel tempo, infatti - prosegue - occorre utilizzare cellule del sistema immunitario che abbiano le qualità per resistere, e nello studio abbiamo identificato i sottotipi con queste caratteristiche: sono le 'memory stem T cells' o staminali della memoria immunologica. La verifica è avvenuta attraverso un trial clinico di fase III che ha coinvolto 10 pazienti colpiti da leucemia acuta, già sottoposti a trapianto di midollo osseo da donatore, trattati con linfociti T modificati attraverso il 'gene suicidà Tk» sviluppato dall'azienda MolMed, nata come spin-off del San Raffaele.
L'équipe italiana ha potuto studiare i risultati ottenuti su pazienti trattati a partire del 2000. «I parametri immunologici, a distanza di anni da trapianto e terapia genica - spiega Oliveira - sono risultati uguali a quelli di persone sane e di pari età. Il passo successivo è stato identificare quali cellule del sistema immunitario resistessero maggiormente nel tempo, andando a verificare quali 'ritrovavamò dopo anni», fino a 14 dopo il trattamento. A essere 'promossè sono state appunto le memory stem T cells. «Da anni stiamo studiando il loro ruolo nella memoria immunologica e in questo lavoro abbiamo verificato il loro effettivo contributo in pazienti con leucemia».
«Ogni linfocita T - riprende Bonini - riconosce un antigene specifico su un'altra cellula, che sia un virus dell'influenza o della varicella, o un qualunque altro agente patogeno.
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Corriere Adriatico